Economia
Quanto è amara la sugar tax. Coca Cola e le altre aziende più colpite
A luglio entrerà in vigore la sugar tax (dopo 5 anni di rinvii). La tassa sullo zucchero vale 275 milioni, ma è un amaro calice per le 80 aziende di Assobibe
Quanto è amara la sugar tax. Ecco quali aziende stanno per essere colpite
C’è dell’ironia nella sugar tax. Dietro l’inglesismo (segno dei tempi che corrono) si nasconde una novità piuttosto amara per le 80 aziende che producono bevande non alcoliche. A luglio, forse davvero dopo anni di rinvio, la famigerata tassa sulle bevande zuccherate entrerà in vigore. Aziende e sindacati sono sul piede di guerra. Ecco quali aziende rischiano di bere l’amaro calice della sugar tax.
Che cos’è questa sugar tax?
Il provvedimento, voluto nel 2019 dal governo Conte I così come l’omologa Plastic tax, è stato puntualmente rinviato dai successivi governi Conte bis e Draghi. Meloni, anche per colpa dei gravami del Superbonus, non può più procrastinare. "La disintossicazione dal Superbonus è dolorosa, ma qualcuno deve farlo" ha detto il ministro del Tesoro Giorgetti. La sugar tax prevede un’aliquota unica di 10 centesimi al litro e si applica ai produttori di bevande con più di 25 grammi di zucchero al litro. Una soglia entro la quale rientrano tutte le principali bibite analcoliche (gassate e non) in commercio. La sugar tax riguarda anche le bibite solubili, cioè i preparati in polvere che vanno poi disciolti in acqua prima di essere bevuti: in questo caso, per tutti i prodotti con oltre 125 grammi di zucchero al chilo, l’aliquota è di 25 centesimi al chilo. Secondo le stime fatte nel 2019 dal governo guidato da Conte, la tassa avrebbe garantito introiti per circa 275 milioni di euro all’anno.
Assobibe: le 80 aziende colpite dalla sugar tax
Assobibe, l’Associazione nazionale di categoria che rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia, ha stimato l’impatto della sugar tax sulla filiera. Per il settore l’entrata in vigore della tassa (+28% di fiscalità) a luglio 2024 significa una flessione delle vendite del 15,6%, una riduzione degli acquisti di materie prime di 400 milioni e un taglio degli investimenti di 46 milioni. La sugar tax, secondo uno studio di Nomisma – società di consulenza fondata nel 1981 da vari economisti, tra cui Romano Prodi – metterebbe a rischio oltre 5 mila posti di lavoro. Una misura che penalizza il prodotto e non i comportamenti scorretti e vanifica gli sforzi fatti da un settore che negli anni ha tagliato del 41% lo zucchero immesso a consumo. La filiera delle bibite in Italia è composta da 80 aziende, con un centinaio di stabilimenti che danno lavoro a circa 84mila lavoratori. Parliamo di un comparto da oltre 4,9 miliardi di fatturato annuo.
Coca Cola e i suoi fratelli: su chi pesa di più la sugar tax
Non solo Coca Cola, Fanta e Pepsi. Anche succhi di frutta, té e bevande per sportivi: le aziende prevedono aumenti di prezzo. La sugar tax non è una sorpresa, ma rischia di essere amara per le oltre 75 aziende in Assobibe. Il consorzio prevede aziende di bibite gassate (come Coca Cola, che ha 2400 dipendenti in Italia); il competitor Pepsi ne ha 200. Ci sono bevande storiche che la Cedrata Tassoni – prodotta dalla Cedral di Salò, 30 dipendenti – e il Campari – della Campari Srl, che vanta oltre 4mila dipendenti. Anche le acque non minerali rischiano. La Ferrarelle Spa (450 dipendenti) e la Pellegrino Spa (1500 dipendenti) sono preallertati. Infine, gli energy drink, come la Red Bull, a cui la sugar tax non mette le ali…
Gli “sporchi” lobbysti contro la sugar tax
Una filiera così ampia e con multinazionali potenti come quella delle bibite non starà certo a guardare. A lungo procrastinata, anche grazie all’intervento delle lobby su una politica che in questi anni si è mossa a passi tardi e ben incerti. Coca Cola, di gran lunga la più potente azienda del consorzio Assobibe può vantare un lobbista di lungo corso, Fabio Bistoncini. Intendiamoci, non c’è nulla di male nel termine “lobbysta”. Lo stesso Bistoncini - fondatore di FB & Associati, studio di advocacy e lobbying con sedi a Roma, Milano e Bruxelles – ci scherza su. Nel 2011 ha scritto il saggio “Vent’anni da “sporco” lobbysta”, e da allora cura un omonimo blog. Il problema, più che delle aziende e dei professionisti che curano i loro interessi, sembra essere della politica, che con la sugar tax dimostra – ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno – la grande confusione che regna sotto il proprio cielo.