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Economia
Renault, Ghosn: "Vittima di un complotto Nissan. Nel 2017 trattative con Fca"
LaPresse

"La mia detenzione è stata condotta al di fuori delle regole delle Nazioni Unite" e le accuse che "mi sono state rivolte sono false”. Fuggito dal Giappone dov’era agli arresti domiciliari dopo 130 giorni in carcere, Carlos Ghosn, ex amministratore delegato dei gruppi automobilistici Renault e Nissan, nella sua prima apparizione pubblica a Beirut, rompe il silenzio dopo la fuga e dice la sua versione sulla vicenda che lo ha portato al processo per aver deliberatamente sottostimato, è l’accusa, i propri compensi nei report alle autorità di borsa e di aver utilizzato beni aziendali a fini personali quando era a capo di Nissan.

"Sono stato interrogato per otto ore al giorno senza la presenza di un avvocato", ha detto Ghosn nel corso della conferenza stampa. Ghosn ha anche chiarito di non voler riferire i dettagli della sua fuga dal Giappone. Nella conferenza stampa Ghosn ha denunciato di essere stato oggetto di una campagna orchestrata dalla Nissan e che i "segnali di collusione" tra la Nissan e i suoi persecutori giudiziari "erano ovunque” e ha anche sottolineato come la campagna ai suoi danni sia “iniziata quando nel 2017 sono cominciate le perdite per Nissan".

Nella società, ha aggiunto, c'è "molta ostilità" per via delle crescente influenza dell'azionista pubblico di Renault e "allora è stato concepito il complotto con la Procura". L'ex manager ha ricordato che nel 2016 aveva preferito abbandonare il timone di Nissan per dedicarsi a Mitsubishi, diventando presidente del Consiglio d'amministrazione. L'ex capo della Nissan ha rivendicato di aver fatto ottenere alla casa automobilistica giapponese "oltre 20 miliardi di dollari" in 17 anni alla sua guida. "Non sono stato a capo per 17 anni perché sono Ghosn, ma per i risultati", ha affermato. Poi, quando a capo della compagnia è andato il giapponese "Hiroto Sakawa, i risultati sono crollati: era lui il responsabile, doveva trovare lui le soluzioni". 

L'altro motivo sarebbe stata la cosiddetta legge Florange che impediva a Nissan - in possesso del 50% delle azioni Renauld - di avere diritto di voto, mentre Renault l'aveva in Nissan. Ghosn ha affermato che avrebbe voluto che sia i giapponesi sia gli europei fossero "fieri" dell'alleanza e per questo lavorava per integrare le sue imprese. Una posizione che dal punto di vista giapponese era guardata con scetticismo. L'ex numero uno di Nissan ha anche fatto dei nomi che ritiene dietro il complotto. In particolare, ha puntato il dito contro Saikawa, contro l'ex capo delle relazioni col governo della Nissan, Hitoshi Kawaguchi e di Hidetoshi Imazu, altro esponente di Nissan. Ancora, ha citato membri del Consiglio d'amministrazione del gigante dell'auto Toyota, seenza però citarli specificamente per non "contrariare o mettere in difficoltà" le autorità libanesi che lo ospitano.

"Il gruppo Nissan-Renault era il gruppo numero uno nel 2017 e ci stavamo preparando per aggiungere Fca al gruppo”, ha rivelato poi Ghosn, ripercorrendo le vicende che hanno portato al suo arresto.

"Parlavo direttamente con John Elkann, mentre adesso non c'è più una direzione strategica e hanno perso quello che non si doveva perdere. Alla fine Fca ha fatto la fusione con Psa. Ma come si fa a perdere l'opportunità di fondersi con Fiat Chrysler, di diventare il numero uno mondiale dell'industria, quando sono loro a venirtelo a chiedere e sei totalmente complementare?", ha proseguito Ghosn.

"E' incredibile che sia accaduto", continua Ghosn, sottolineando che "dal mio arresto il market cap di Nissan è calato di 10 miliardi di dollari e il market cap di Renault di 5 miliardi". L'ex capo di Renault-Nissan ironizza sul fatto che "hanno detto di aver girato la 'pagina Ghosn', ed è vero che lo hanno fatto perché non c'è più un piano e non c'è crescita, è stato solo un caso politico", ha poi attaccato.

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