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Economia
Rischio stagnazione? Per l'Italia segnali positivi

“Il futuro è sulle ginocchia di Giove” si diceva in antico,  per ricordare che è impossibile prevedere quanto avverrà. L’uomo moderno, utilizzando tutta la tecnologia a disposizione, ha preteso il contrario. Fallendo. Come dimostrano, per citare, le sbagliate previsioni nei casi Trump e Brexit e soprattutto quelle in campo economico. Perché – è stato ammesso con una giusta dose di umiltà alla presentazione in Assolombarda del XXI Rapporto a cura del Centro Einaudi con il contributo di UBI Banca sull’economia globale e l’Italia - non abbiamo gli strumenti adatti.

Con la grande riserva rappresentata da tale premessa, resta comunque di indubbio interesse quanto illustrato dal curatore del Rapporto Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale presso l’Università di Torino in collaborazione con altri esperti: Giovanni B. Andornino, Giorgio Arfaras, Gabriele Guggiola, Paolo Migliavacca, Anna Paola Quaglia, Giuseppe Russo, Giorgio Vernoni.

Nel magma dell’incertezza destinata a dominare il globo anche nel 2017 (per citare: uno dei consiglieri militari di Trump già cinque anni fa aveva auspicato una guerra con la Cina con la certezza della vittoria. Cosa succederà ora?)  alcuni punti fermi: si assiste a una riduazione della classe media nei Paesi avanzati (in Usa si è ridotta in 10 anni dal 51% al 41%) scivolata per il 90% nella povertà. Nell'era del jobless, le nuove tecnologie continuano a erodere posti di lavoro (dalla produzione alle  agenzie di viaggio ai negozi alle banche) perché si utilizza sempre più internet per acquisti e servizi e le fabbriche stanno utilizzando robot invece di operai. Dal 1999 ad oggi la produzione è aumentata del 16% ma i salari solo del 5%. La crisi demografica e il conseguente invecchiamento della popolazione in Europa si salda con la mancata crescita e con la crisi di identità che aggrava i diversi aspetti del quadro complessivo, una sorta di giro infernale.

Altro punto fermo, l’Africa. In 30 anni la popolazione passerà da uno a due miliardi e già si delinea la realizzazione di una classe media destinata ad acquistare beni e servizi: se il pil del Continente che già cresce più della media mondiale raggiungerà il 6% annuo – obiettivo realizzabile con i necessari investimenti non “di rapina” delle sole materie prime – cesserà il fenomeno emigrazione; e l’Africa può diventare un buon ricostituente per l'Europa e per l'Italia in particolare. Mentre il Giappone vede fallire la cosiddetta “Abenomics”, la Cina continua lo sviluppo nonostante le reiterate fosche previsioni occidentali. Mentre per Brasile, Turchia, Venezuela si profila l’ingovernabilità. Riassumendo, un rischio di stagnazione globale che potrebbe durare decenni.
 
E veniamo all’Italia. Con una sorprendente novità. La previsione del pil 2017 (più 0,7%) fatta dal Fondo monetario internazionale  potrebbe essere rivista al rialzo. I segnali di ripresa sono più diffusi: l'agricoltura è diventata la prima in Europa (in parte anche grazie all'effetto-Expo) le esportazioni e la stessa occupazione sono in crescita, la vendita di auto è aumentata del 13-14%, il turismo segna più 12%, le start-up sono passate dalle 479 del 2013 alle 6097 di metà 2016. Ma non si vede ancora la ripresa degli investimenti immobiliari. Devono riaprire i cantieri.
 
I lavori si sono aperti con gli indirizzi di saluto
di Gianfelice Rocca, Presidente Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza e di
Letizia Moratti, Presidente Consiglio di Gestione UBI Banca. Dopo l’ntroduzione
di Salvatore Carrubba, Presidente Centro Einaudi e la presentazione del Rapporto di Mario Deaglio, interventi conclusivi di
Victor Massiah, Consigliere Delegato,UBI Banca
e del Presidente Rocca che ha annunciato l’istituzione, in collaborazione con il Comune di Milano, di un osservatorio che attraverso 220 parametri mette a confronto Milano con altre città europee competitors. 

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einaudi





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