Russiagate, ecco chi lo teme in Borsa: Buzzi, Autogrill, Brembo e Stm
I contraccolpi a Piazza Affari se Trump non riuscirà a portare a termine le promesse sui tagli fiscali e gli investimenti infrastrutturali
Malissimo anche Fiat Chrysler Automobiles (-5,5% circa), non solo indebolita dal calo del dollaro ma dall’apertura di una procedura di infrazione ai danni dell’Italia da parte della Ue per la vicenda del presunto utilizzo di software in grado di “taroccare” i test sulle emissioni dei modelli diesel e dalle voci di una possibile procedura anche da parte del Dipartimento di Giustizia Usa, nel caso in cui fallissero i negoziati in corso tra Torino e l’Epa (che ancora deve completare la propria indagine e proporre una eventuale penale).
Altre aziende italiane molto legate al dollaro e agli Usa sono poi Brembo e Stmicroelectronics (tra il 2,5% e il 3,5% di perdita stamane a Milano), mentre non dovrebbe esserlo Telecom Italia, che pure oggi perde oltre il 3,5% a causa dei dubbi sull’evoluzione della vicenda Vivendi-Mediaset e sui suoi eventuali riflessi per l’ex monopolista telefonico italiano. Il rischio è invece elevato per il comparto moda-lusso, con Moncler e Salvatore Ferragamo che già hanno iniziato ad accusare i primi contraccolpi mentre Luxottica, impegnata nell’integrazione con Essilor, per ora è stata sfiorata solo marginalmente.
Tra le mid-cap, limitano per ora i danni, ma restano evidentemente “a rischio” sia Autogrill, molto presente sul mercato statunitense tramite la controllata Hms Host (di cui da almeno un paio d’anni si starebbe valutando lo scorporo e quotazione autonoma), sia Amplifon, che in Nord America nei primi tre mesi dell’anno ha visto i ricavi salire a 57,7 milioni di euro (+15,5% annuo), pari al 19,5% del fatturato totale, e l’Ebitda (margine operativo lordo) a 9,8 milioni (+3,6%), ormai pari a quasi il 24% dell’Ebitda di gruppo. Capitolo a parte, infine, per titoli energetici e petroliferi: il cambio di strategia sulle norme sul clima promesso da Trump aveva pesato sui primi e favorito i secondi (che hanno potuto sfruttare anche il recupero delle quotazioni del petrolio legate alla prospettiva di un rinnovo degli accordi per calmierare la produzione della Russia e dei paesi dell’Opec).
Ora tutto è in forse ma l’incertezza non favorisce certo né Enel né Falck Renewables, che infatti stamattina perdono ampiamente quota, mentre per ora resiste Alerion Cleanpower. Il nuovo stop alle quotazioni dell’oro nero e il parallelo indebolimento del dollaro, in compenso, pesa su Saipem e Tenaris, in rosso di oltre il 2% a testa, più che su Eni (che limita la perdita a poco più di un punto percentuale).
Luca Spoldi