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Economia
Settore editoriale in movimento, i gruppi si ristrutturano per un nuovo risiko

Il settore editoriale italiano è di nuovo in movimento: dopo alcuni anni difficili per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria, sia la stampa sia la televisione stanno provando a riorganizzarsi, con l’apparire sulla scena di nuovi soggetti accanto a grandi gruppi che attraversano una fase di ristrutturazione delle proprie attività. In Rcs Mediagroup Urbano Cairo resta concentrato anzitutto sulla riduzione di un debito che prima del suo arrivo era arrivato a 430 milioni ed adesso si è già ridotto sotto i 200 milioni, con l’obiettivo di azzerare il debito “a meno che non ci siano opportunità talmente interessanti da fare investimenti ulteriori in attività editoriali”, nel qual caso si vedrà e “se ci saranno opportunità le valuteremo”.

Parallelamente in casa Gedi si è optato per una decisa pulizia di bilancio con svalutazioni e oneri di ristrutturazione complessivamente pari a  55 milioni, anche a costo di chiudere in rosso il bilancio consolidato 2018 per 32,2 milioni, peraltro molto meglio delle perdite per 123,3 milioni (125,1 a perimetro equivalente) dell’esercizio precedente, anche in quel caso a causa di partite non ordinarie (un onere fiscale straordinario di 143,2 milioni legato alla chiusura in Cassazione di un contenzioso sulla riorganizzazione del 1991). Il bilancio 2018 dell’editore di La Stampa, La Repubblica e Il Secolo XIX, ha inoltre visto il fatturato salire del 5,3% a 648,7 milioni, sia pure con un margine operativo lordo di 33,2 milioni (contro i 52,8 nell’esercizio 2017) ovvero in termini rettificati pari a 51,7 milioni (contro i 57,4 dell’anno prima).

Per il 2019 il management di Gedi non si attende “evoluzioni di mercato significativamente diverse da quelle che hanno caratterizzato il 2018” e pertanto il gruppo “continuerà ad impegnarsi nello sviluppo dei propri prodotti, nella implementazione di razionalizzazioni volte a preservare la redditività in un mercato strutturalmente difficile, nel conseguimento di ulteriori benefici derivanti dall’integrazione con il Gruppo Itedi, nel rafforzamento della propria leadership sulle attività digitali”. Queste ultime nel 2018 hanno generato il 12,2% del fatturato consolidato, con oltre 113 mila abbonati a fine anno ai prodotti digitali delle varie testate del gruppo. Sul fronte della raccolta pubblicitaria, essa è cresciuta in particolare su internet (+11%), e sulla radio (+5,5%), meno sulla stampa (+3,2%, ovvero -8,1% a perimetro costante).

Sul fronte dei ricavi, l’apporto delle attività digitali rappresenta nel 2018 complessivamente il 12,2% del fatturato consolidato ed i prodotti digitali delle diverse testate del gruppo hanno superato a fine anno i 113mila abbonati. Quanto ai ricavi pubblicitari, nel gruppo la raccolta su radio è cresciuta del 5,5%, +11% su Internet (+3,1% a perimetro equivalente), su stampa +3,2% (-8,1% a perimetro costante).

Tra i gruppi editoriali di minori dimensioni, il Sole 24 Ore ha approvato il nuovo Piano Industriale 2019-2022 che rappresenta “l’aggiornamento e l’evoluzione del precedente Piano 2018-2021” approvato il 26 marzo 2018 per tener conto sia delle evoluzioni intervenute nel contesto di mercato sia del contributo del nuovo management entrato nella società a partire dal luglio dello scorso anno. Intanto, dopo la richiesta di multa da 140 mila euro avanzata dalla Consob e il rinvio a giudizio di Benito Benedini (ex presidente), Donatella Treu (ex amministratore delegato) e Roberto Napoletano (ex direttore responsabile), Luigi Abete, presidente di Bnl e consigliere di amministrazione di lungo corso società editoriale, ha annunciato le dimissioni con effetto immediato, ufficialmente per incompatibilità tra i due incarichi.

Secondo voci di borsa non confermate il passo indietro sarebbe divenuto inevitabile stante il netto disaccordo di Abete all’ipotesi di un’azione di responsabilità contro la precedente gestione, peraltro richiesta anche dai rappresentanti delle redazioni giornalistiche Sole 24 Ore, Radiocor Plus e Radio 24, che potrebbe essere deliberata già dal Cda del prossimo 7 marzo.

Oltre che per il tentativo di turnaround e le frizioni in seno al Cda, il Sole 24 Ore resta sotto i riflettori del mercato in quanto appare una potenziale preda nell’ambito di un’ulteriore giro di “risiko” del settore. Voci di borsa hanno ipotizzato un interesse della stessa Gedi, ma Marco De Benedetti (presidente del gruppo editoriale) è stato netto: “c’è una norma” per il settore editoriale che “limita al 20% le copie di giornali e il nostro gruppo è già a quel livello”. Esistendo “un vincolo normativo che non ci permette di poter considerare operazioni di questo tipo”, come ribadito da De Benedetti, l’eventuale pretendente al quotidiano economico dovrà dunque essere cercato altrove.

Se la carta stampata è alle prese con una fase di ampia riorganizzazione e ristrutturazione del business, lo stesso processo sembra ormai avviato nel settore televisivo, con Mediaset intenzionata a rilanciare il core business della tv generalista free dopo la conclusione della sfortunata avventura nella pay tv. Se sul fronte degli ascolti la rete ammiraglia, Canale5, fatica a reggere il confronto con Rai1, e non essendo andato del tutto in porto il riposizionamento di Rete4, la società dei Berlusconi, per la quale si parla di una possibile futura alleanza europea ad esempio con ProsiebenSat.1, sembra pronta a crescere per linee esterne. Dopo le ultime acquisizioni di canali gratuiti, alle posizioni Lcn 20, 35 (Focus Tv) e 66 (dove verrà collocata Italia2), nel mirino sarebbero finiti i canali 45 e 55, messi in vendita da Sony Pictures Television. Le ultime indiscrezioni parlano di un’offerta tra 10 e 15 milioni per entrambi i canali, ritenuti strategici per completare il riposizionamento del gruppo.

Nel frattempo, Mediaset Espana batte le attese a livello di conti 2018 con un Ebit di 257 milioni (contro stime di mercato per 243 milioni) e una cassa a fine periodo di 167,8 milioni (130 milioni le attese). Leggermente meno brillanti i ricavi degli ultimi tre mesi del 2018, tanto che Mediobanca Securities ha confermato il giudizio “neutral” su Mediaset, abbassando però il prezzo obiettivo da 3,25 euro a 3,2 euro per riflettere ricavi Mediaset Espana nel quarto trimestre inferiori del 2% rispetto alle stime di consenso. Peraltro gli esperti di Piazzetta Cuccia notano come l’emittente, nonostante un mercato pubblicitario maggiormente competitivo, sia riuscita a mantenere ricavi pubblicitari (92% dei ricavi totali) “quasi stabili” (-1,3% rispetto al 2017) e a registrare un “buon dato a livello operativo”.

Ultimo ma non meno importante, il Cda di Mediaset proporrà all’assemblea il rinnovo della delega per l’acquisto di azioni proprie (oggi al 3,795%) fino al 10% del capitale entro 18 mesi dalla delibera assembleare. Una mossa che dopo gli ultimi movimenti di Fininvest (salita al 44,175% del capitale e al 45,88% dei diritti lo scorso gennaio) dovrebbe definitivamente neutralizzare l’assalto di Vivendi (28,8% del capitale e 29,94% dei diritti, congelati peraltro al 10% dopo la cessione del 19,9% dei diritti stessi al trust Simon Fiduciaria) e facilitare le future alleanze europee.

 

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