Spread su, ma non per Lega-5S. Ma le coperture agitano i mercati
Lo spread Btp-Bund è ancora in rialzo, ma c'è maggiore tensione su emittenti come Francia, Belgio, Finlandia e l’Austria.Pesano la Bce e le prospettive Eurozona
Piazza Affari recupera terreno in finale di seduta, ma continua a sottoperformare le altre principali piazze europee, con il Ftse Mib che segna un -0,59% a 21.621 punti (21.411 punti il minimo di giornata). Il Dax registra un +0,28%, il Cac-40 un -0,11%, il Ftse-100 un +0,29%. Il focus resta sulla politica italiana, con lo spread sul decennale Btp/Bund che si è allargato fino a 252 punti base, per poi ridiscendere a quota 243 pb.
"Dopo un'apertura in linea con le altre Borse europee", è tornata "la pressione sull'azionario italiano, che si manifesta principalmente sulle banche. Pesa sempre l'incertezza politica, visto che dal discorso del premier Giuseppe Conte al Senato non sono emersi dettagli in più sulle coperture delle misure che il Governo intende implementare", commenta un esperto di una sim milanese.
"L'indice riflette il restringimento dello spread. La situazione resta volatile e il sentiment di fondo incerto per via della situazione politica", evidenzia un altro esperto. "Abbiamo analizzato attentamente i piani fiscali del Governo Conte. Devono essere significativamente raffreddati per evitare di porre il debito su un percorso non sostenibile", affermano gli esperti di Ubs. Il focus, nota un trader, è da un lato sulla politica italiana, dall'altro sul meeting della Bce della prossima settimana.
Oltre al “rischio Italia” sui Btp a registrare una maggiore tensione sono anche bond di emittenti come la Francia (lo spread sale a 78 basis point, +4,6%), il Belgio (84 basis point, +4,4%), la Finlandia (63 basis point, +4,35%) o l’Austria (76 basis point, +13,8%) che sicuramente non si trovano nelle condizioni del nostro paese né possono essere classificati come paesi “periferici del Sud Europa”.
La sensazione, secondo molti trader, è che inizi a pesare l’avvicinarsi della prossima riunione della Banca centrale europea: il 14 giugno, il 26 luglio e il 13 settembre il board dell’istituto presieduto da Mario Draghi potrebbe annunciare la conclusione del programma di quantitative easing, tanto più che l’inflazione sembra finalmente avvicinarsi all’obiettivo desiderato del 2% annuo e che “falchi” presenti e votanti nel board come Peter Praet e Jens Weidmann hanno già iniziato a piantare i primi paletti, l’uno sottolineando l’opportunità per avviare una valutazione “se il progresso realizzato fin qui sia sufficiente a consentire un graduale riassorbimento dei nostri acquisti di titoli”, l’altro giudicando “plausibili” le aspettative di una conclusione del QE entro il 2018.
In realtà, però, non tutti sono convinti che i mercati e in particolare tassi e spread sui titoli di stato dipendano così nettamente dall’operato della Bce. Semmai, nota Joseph Amato (president e chief investment officer-equity dell’asset manager americano Neuberger Berman), la “minicrisi di panico” scatenta negli ultimi tempi dall’Italia ha ricordato ancora una volta “le irrisolte lacune strutturali dell’Eurozona”.
Non si tratterebbe dunque solo di quanto i singoli paesi (e l’Italia in particolare) abbiano più o meno “fatto i compiti”, quanto del fatto che l’Eurozona stessa “è affetta da impedimenti strutturali in grado di costituire rischi sistemici”. Rischi, aggiunge Amato, che politici e investitori “hanno cercato di ignorare” sin da quando, sei anni fa, Mario Draghi pronunciò il suo impegno a fare “tutto quanto sarà necessario” (lo speech del "whatever it takes" del luglio 2012) per superare la crisi.
Le reazioni isteriche dei mercati in questi giorni sembrano anche la riprova di come i mercati, tranquillizzati dal QE, abbiano finora volutamente ignorato le difficoltà dell’Italia, a sua volta un “microcosmo delle difficoltà dell’Eurozona nel suo complesso” essendo un paese ricco, ma con la ricchezza e le realtà che la producono concentrate al Nord, il cui senso di solidarietà nei confronti del Sud è a dir poco tiepido, mentre al Sud la popolazione è sempre più vecchia, povera e sottoccupata ed ha dovuto affrontare la crisi con una ripresa dei flussi migratori, avendo altrimenti solo una debole struttura pubblica come risorsa.
Come uscire dalla crisi italo-europea e rasseranare i mercati, allora? Secondo l’esperto americano dato che l’adesione all’euro ha tolto ai paesi a sempre più bassa crescita come l’Italia la “valvola di sfogo” della svalutazione competitiva, servirebbe una maggiore solidarietà fiscale, che però i paesi del Nord Europa non vogliono sentir nominare, come testimonia il rinvio sine die del progetto di unione bancaria, le ridotte dimensioni del proposto Fondo europeo per la stabizzazione degli investimenti (appena 30 miliardi di euro, vale a dire un mese di attività del QE ai ritmi attuali) e l’indisponibilità a qualsiasi forma di mutualizzazione del debito, sia pure condizionata.
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria
Senza una qualche forma di condivisione del rischio fiscale, conclude Amato, i passi in avanti che pure sono stati compiuti dal 2012 a oggi da Spagna, Irlanda, Portogallo e persino Italia rischiano di andare perduti, visto che sono riconducibili all’attuale contesto di crescita interna ed estera. Se non si è riusciti a fare una riforma dell’Eurozona in tempi relativamente buoni, come sarà possibile provarci qualora dovesse riaffacciarsi un periodo di crisi?
Per quasto secondo il gestore, Draghi e i suoi colleghi avranno ancora ottimi motivi per eccedere in cautela se e quando inizieranno effettivamente a programmare un retringimento della politica monetaria. E’ tuttavia chiaro che prima o poi il QE si dovrà interrompere e, più in là nel tempo, i tassi tenderanno a risalire. A quel punto come verrà risolta l’attuale “difficile situazione di crescita lenta, divisione politica e forte indebitamento” dell’Italia farà la differenza in merito al successo a lungo termine dell’Eurozona, che resta al momento la più grande zona economica mondiale, come ben sanno anche le aziende britanniche che da mesi stanno facendo pressione sul governo perché concluda un accordo con la Ue tale da garantire loro di mantenere l’accesso sul mercato unico nonostante la Brexit.
Le preoccupazioni dei mercati non riguardano dunque solo il breve termine, ma la strategia di fondo dell’Eurozona e il suo destino ultimo. Se tutto ciò è vero, come pare, lo spread potrebbe mantenersi su livelli non significativamente inferiori a quelli toccati in questi giorni ancora a lungo, finché almeno la politica europea non sarà uscita dal suo lungo sonno, auspicabilmente con una soluzione positiva per tutti i partecipanti.
Luca Spoldi