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Economia
Svimez, un universitario su quattro lascia il Sud per studiare al Centro-Nord

Un universitario su quattro emigra al Centro-Nord, una migrazione intellettuale che causa una perdita di 3 miliardi di euro alle regioni meridionali. Nel 2017 circa 153mila studenti si sono trasferiti dai loro Paesi nel Mezzogiorno per studiare nel Centro-Nord, un valore pari al 30% dell’intera popolazione rimasta a proseguire gli studi presso gli atenei del Sud. Se Sicilia e Puglia sono le regioni che hanno subito le maggiori migrazioni di studenti, Basilicata e Molise sono quelle dalle quali è partito il 40% dei flussi migratori universitari. Seguono Puglia e Calabria con il 32%, Sicilia con il 27%.  Lo rileva lo Svimez con un’indagine sulla valutazione degli effetti economici di breve periodo dell’emigrazione universitaria dal Sud al Centro-Nord. L’indagine sarà illustrata domani a Roma presso la Biblioteca del Senato in occasione della presentazione del numero monografico di Svimez sull’università nel Mezzogiorno.

Per l’istituto romano, la cronica debolezza della domanda di lavoro meridionale è all’origine di questo fenomeno. Si tratta in sostanza della decisione di anticipare la decisione migratoria già al momento della scelta universitaria, con l’obiettivo di avvicinarsi a mercati del lavoro che vengono ritenuti maggiormente in grado di assorbire capitale umano ad alta formazione. “È evidente che la perdita di una quota così rilevante di giovani ha, già di per sé, un effetto sfavorevole sull’offerta formativa delle università meridionali”, rileva il direttore di Svimez, Luca Bianchi (nella foto). “Ben più gravi, tuttavia, sono le conseguenze sfavorevoli che derivano dalla circostanza che, alla fine del periodo di studio, la parte prevalente degli studenti emigrati non ritorna nelle regioni di origine, indebolendo le potenzialità di sviluppo dell’area attraverso il depauperamento del c.d. capitale umano, uno degli asset più importanti nell’attuale contesto”. Accanto a questo effetto, che potremmo definire “di più lungo periodo” e di difficile quantificazione, ve ne è un altro, più immediato, probabilmente di minore impatto, ma non per questo trascurabile. “Precisamente -sottolinea Bianchi- la perdita di una quota così rilevante di giovani ha due implicazioni: una minore spesa per consumi privati espressa dai residenti (in diminuzione) all’interno dell’area; una minore spesa per consumi collettivi afferenti al capitolo istruzione. In altre parole, la perdita di questo stock di giovani implica che nel Sud vi sia una minore spesa privata per consumi e un’altrettanta inferiore spesa per istruzione universitaria da parte della pubblica amministrazione, che nella Contabilità nazionale va sotto la voce consumi collettivi”.

Lo studio evidenza che, nell’anno accademico 2016/2017, i meridionali iscritti all’università sono complessivamente 685 mila circa. Di questi il 25,6%, pari a 175 mila unità, studia in un ateneo del Centro-Nord. La quota, invece, di giovani residenti nelle regioni del Centro-Nord che frequenta un’università del Mezzogiorno è appena dell’1,9%, pari a 18mila studenti. Ne deriva, quindi, un saldo migratorio netto universitario pari a circa 157mila unità. “Per offrire un ulteriore termine di paragone, si tenga presente che nello stesso anno accademico in tutte le università del Sud risultavano iscritti 509mila studenti. Pertanto, il movimento migratorio per fini di studio ha interessato, quindi, circa il 30% dell’intera popolazione rimasta a studiare in atenei meridionali. Gli studenti emigrati per motivi di studio rappresentano, inoltre, circa lo 0,7% della popolazione residente meridionale.

Lo spostamento degli studenti, mette in luce la ricerca, causa una riduzione dei costi sostenuti dagli atenei per i diversi corsi di studio, come i costi docenti, dei servizi didattici, delle infrastrutture. Per quantificare queste risorse, gli analisti di Svimez hanno preso in considerazione il parametro del costo standard, alla base dei criteri utilizzati dal Miur per finanziare le istituzioni universitarie. La cifra stimata è di circa un miliardo annuo di minore spesa della P.A. nel Mezzogiorno dovuta alla iscrizione fuori circoscrizione di 153 mila studenti meridionali. È stata, infine valutata, la spesa per consumi privati attivata dagli studenti meridionali che studiano al Centro-Nord per gli alloggi e per le principali voci del costo della vita distinte, in base alle tabelle Istat, per città di residenza. Tale costo medio annuo è profondamente differenziato e spazia dal valore massimo di 4.700 euro di chi studia a Milano ai 1.700 euro di Cassino e Vercelli. Il valore complessivo dei consumi privati che, per effetto della migrazione universitaria viene trasferito dal Sud al Nord, è stimato in circa 2 miliardi.

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