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Economia
Tassi d'interesse restano alti? I re del petrolio fanno cambiare idea alla Bce. Il rischio per i cittadini

Tassi di interesse, Opec e Ucraina potrebbero frenare Fed e Bce sui tassi

Sembra chiaro, finalmente, che le severe politiche di Fed e Bce a proposito della riduzione dei tassi comincino ad allentarsi e si vedano vicini i primi tagli. Ma ci sono due realtà che potrebbero frenare queste decisioni. Si chiamano Opec e Ucraina. Entrambe ruotano sul petrolio e soprattutto sui suoi prezzi che immediatamente si riflettono sull’indice globale. Indice che viene costantemente monitorato dalla Banche centrali.

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L’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), sta agendo volontariamente sui tagli ripetuti della produzione e questo si traduce immediatamente in aumenti del prezzo “artificiale e speculativo” del greggio. L’altro elemento che potrebbe frenare le decisioni di Fed e Bce è rappresentato dai continui attacchi dei droni ucraini contro le raffinerie russe. E’ bene ricordare che la Russia continua a rappresentare un attore di primo piano nel mercato mondiale dell’energia. Forse non più per l’Europa ma per il resto del mondo che dalla Russia sta comperando, prima fra tutti la Cina.

Tassi di interesse, ogni aumento del Brent tocca l'Eurozona

Questa spada di Damocle, è inutile negarlo, esiste. Con la sola eccezione di Canada, Stati Uniti e Norvegia l’oro nero è solidamente nelle mani di Medio Oriente e America Latina e al suo cartello Opec. E l’eurozona è la parte indubbiamente più colpita da ogni aumento di prezzo. In poco più di novanta giorni il Brent è salito del 20%. Un prezzo ancora distante dai 100 dollari dello scorso anno ma, sicuramente, un indicatore di crescita preoccupante in un periodo in cui la tendenza era al ribasso. Adesso, nonostante i cali di elettricità e gas, il petrolio influisce sull’indice dei prezzi al consumo in un momento delicato nelle scelte dei banchieri.

Tassi di interesse, su automobilisti e trasporti i maggiori impatti della crescita del Brent

Automobilisti, trasporti pubblici, aerei e autobus risentono pesantemente di questi aumenti e, chiaramente, scaricano i maggiori costi sul consumatore finale. A cascata anche i prezzi degli alimentari si agitano all’insù. Basta pensare al costo del cioccolato che ha portato le uova pasquali ad aumenti di prezzi a partire dal 30% in più rispetto all’anno scorso. Insomma il fantasma dell’inflazione, non ancora del tutto vinta, continua ad animare i dibattiti nelle aule della politica mondiale tra falchi e moderati.

I primi pronti a mantenere i tassi alti i secondi a spingere per velocizzare i ribassi. In questo mare di preoccupazione emerge anche qualche voce più ottimista. Diversi osservatori  prevedono un Brent a “livelli ancora elevati” nella seconda metà del 2024, “ma senza superare i 90 dollari al barile in modo duraturo”. Questo permetterà a Bce e Fed di iniziare la strategia ribassista sui tassi.  Affinché il prezzo del greggio si rifletta sull’inflazione e sulle decisioni sui tassi, dovrebbe superare nuovamente i 100 dollari. E questo pericolo sembra, almeno per il momento, scongiurato.






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