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Economia
Taxi, sindacati contro Gabanelli: "Mln di chiamate inevase? Dati scorretti"
La protesta dei tassiti a Roma

La denuncia di  Associazione Tutela Legale Taxi - Claai - Fast Confsal - Federtaxi - Satam - Tam - Ugl Taxi - Uritaxi - Unione Tassisti d’Italia

I dati diffusi dal Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera del 4 marzo sono strumentali e non danno un’informazione corretta sul settore taxi in Italia. Non si può spacciare il dato del mese di luglio come una costante. Il settore taxi interessa un mercato stagionale e titolare, come ha fatto il Corriere della Sera, “Taxi che non si trovano” e sottotitolare “A Milano 500 mila chiamate inevase al mese, a Roma 1,3 milioni” fa passare un messaggio scorretto.

L’ultima indagine demoscopica 2023 di Lab21.01 sul settore taxi, riportava come l’88% degli intervistati dichiarasse di avere un taxi entro 6 minuti dalla ricerca.  Questo non rappresenta certamente che i taxi non si trovino. Purtroppo ciò che ricostruzioni intellettualmente disoneste non vogliono considerare è che 10 chiamate inevase possono rappresentare il solito utente che, in una zona al momento non raggiungibile poiché congestionata o semplicemente non coperta dalla presenza di un taxi, non può essere servito. Ciò omettendo puntualmente di ricordare le difficoltà aggiuntive dovute al collasso, quello sì cronico, del trasporto pubblico collettivo e di linea a cui i taxi sono chiamati troppo spesso a fare da tappo, pur  non avendo quel tipo di funzione. 

LEGGI ANCHE: Taxi, 20anni senza nuove licenze. A Roma 1,3 mln di chiamate inevase al mese

 
Riteniamo che non sia casuale che ogni qual volta che in questo Paese si provi a discutere di regole taxi, precise lobby di pressione mediatica intervengano a gamba tesa sulle lavoratrici e i lavoratori di questo settore, dando una rappresentazione assolutamente fuorviante sulla qualità di un servizio che ha invece altissimi indici di gradimento ogni qual volta venga misurato attraverso la, altre volte, decantata “scienza”. Ci riferiamo ovviamente alla scienza statistica, tramite rilevamento demoscopico.  E altrettanto non casuale è citare la multinazionale Uber, come fa il Dataroom/Corriere della Sera che afferma: “… e [i tassisti] neppure vogliono la concorrenza di Uber & C”.

Chiediamo: perché la vostra etica dovrebbe volere una vera e propria forma di concorrenza sleale, visto che queste multinazionali farebbero lo stesso lavoro dei taxi, ma senza le loro regole? Perché auspicare l’arrivo di realtà multate dal garante per la privacy per uso improprio dei dati dei clienti, accusate di discriminazione nei confronti dei disabili e finanche di “discriminazione salariale algoritmica”, per non parlare delle tariffe portate alle stelle dai vari moltiplicatori digitali? E’ questo il servizio agli utenti e il mondo del lavoro che Gabanelli e il Corriere della Sera auspicano?
 





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