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Economia
Telecom a picco dopo la svalutazione. Brasile, Genish guarda all’asta Nextel

Finale di settimana pesante per il titolo Telecom Italia, che chiude la giornata in rosso di quasi il 5%, calando così su livelli di un 30% inferiori a quelli a cui oscillava giusto un anno fa. Sui risultati trimestrali hanno pesato 2 miliardi di svalutazione dell’avviamento decisi ieri dal Cda, una decisione che era stata presa l’ultima volta nel 2013 con la quale il gruppo ha voluto aggiornare il valore della divisione “Core Domestic” alle mutazioni del mercato.

Una svalutazione, ha poi spiegato l’amministratore delegato Amos Gemish, che corrisponde al 3,8% del “total asset base” del gruppo e che è stata resa necessaria dal contesto competitivo più difficile (con l’ingresso sul mercato di Iliad), da alcune decisioni regolatorie (come l’obbligo di fatturazione a 30 giorni anzichè a 28 giorni) e dall’aumento dei tassi, che rischiano di pesare sul debito (rispetto al quale Genish ha assicurato che prosegue il lavoro per arrivare a una riduzione).

Al di là dei motivi tecnici è però chiaro che quello andato in scena ieri è stato uno “showdown” tra le due anime del Cda, quella espressa dal fondo Elliott, i cui 10 consiglieri hanno promosso la svalutazione, e quella che fa capo al socio Vivendi (5 consiglieri), in cui portavoce oggi ha definito la decisione “scioccante”. Operativamente per i soci grandi e piccoli poco cambia: per gli azionisti ordinari non sembra prevista alcuna distribuzione di dividendi quest’anno, mentre per quelli di risparmio la cedola dovrebbe venire confermata, anche se Genish ha rimandato a un prossimo Cda una decisione finale riguardo tutta la questione.

Quanto al prossimo futuro, rispondendo alle domande degli analisti nel corso dell’odierna conference call il direttore finanziario, Piergiorgio Peluso, si è limitato a ribadire che l’outlook è “stabile”, quindi non sono attesi particolari miglioramenti (o ulteriori peggioramenti) a breve. Lo stesso Genish ha poi cercato di far trasparire quanta più calma possibile dicendosi fiducioso circa il fatto che tutti gli azionisti e i consiglieri sosteranno un miglioramento della governance.

Vivendi però non sembra voler sotterrare l’ascia di guerra tanto presto e lascia filtrare la possibilità di richiedere la convocazione di una nuova assemblea societaria ad esempio per completare il Cda, che da statuto può avere fino a 19 consiglieri e dunque potrebbe vedere un sostanziale riequilibrio (anche se non un ribaltone) se al gruppo francese dovessero andare tutti e 4 gli eventuali nuovi consiglieri.

Al di là degli aspetti di governance, i risultati operativi sono apparsi sufficientemente “solidi” dagli analisti, mentre Genish ha ribadito due punti fondamentali: anzitutto che il piano di separazione legale della rete di accesso di Tim in Italia è “più importante di prima” e nonostante alcuni rallentamenti, legati all’apparente minor interesse del governo a giungere alla separazione legale, i colloqui con le autorità italiane sul tema proseguono regolarmente.

Inoltre il numero uno di Tim si è detto pronto a collaborare con Open Fiber, la controllata di Cassa depositi e prestiti ed Enel attiva nel settore della banda larga. “Siamo aperti a una collaborazione con Open Fiber per lo sviluppo della rete Ftth, in modo che si producano effetti positivi per tutti, ossia consumatori, società, utenti e anche Italia in generale per soddisfare agenda di digitalizzazione del governo” ha spiegato Genish, aggiungendo: “uno sviluppo dei rapporti con Open Fiber sarà positivo quando accadrà”.

Una dichiarazione che cade ad un giorno di distanza dall’annuncio dato dalla stessa Open Fiber dell’avvio di test sul campo, nelle cosiddette aree bianche (i cluster C e D dei primi due bandi Infratel), dei servizi “ultraband” sulla rete Ftth e dopo che sulla stampa italiana erano rimbalzate voci di un’accelerazione delle trattative per arrivare a siglare un accordo commerciale che consenta l’affitto di capacità in fibra ottica da parte di Open Fiber a Tim.

Nel caso di una firma definitiva, in sostanza, Tim affitterebbe la rete di Open Fiber per accelerare la migrazione dei propri clienti nelle aree bianche dalla rete in rame a quella in fibra ottica, ma potrebbe anche costituire la premessa logica per una successiva integrazione tra le reti dei due operatori, così da essere in linea con le indicazioni che giungeranno dal governo attraverso una rivisitazione del Piano banda ultralarga varato nel 2015 dal governo Renzi e che finora ha usato solo la metà dei 5 miliardi di dotazione anche a causa di un negoziato a rilento tra l’Italia e la Commissione Ue in tema di incentivi alla domanda nelle aree “grigie”.

Altro passaggio fondamentale citato da Genish è quello di dicembre quando arriverà l’analisi di mercato che il manager spera possa mostrare “qualcosa di più positivo per il nostro settore”. Guardando fuori dall’Italia, Genish ha confermato l’interesse per Nextel, dopo che il Cda ha approvato “un’offerta non vincolante” per il quinto operatore mobile brasiliano. “Siamo in una fase ancora iniziale, quello che succederà per il momento non è affatto vincolante, ma continueremo a cercare di capire se ci sono ulteriori opportunità” ha commentato il numero uno di Tim. Luca Spoldi

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