Telecom, Bollorè finisce nell'angolo.Genish prepara il compromesso per i fondi
Elliott e CdP verso il 19%, decisivo il voto dei fondi azionisti: Iss come Glass Lewis caldeggia i candidati al Cda del veicolo di Singer
Sale di tono lo scontro tra il fondo Elliott Management del finanziere americano Paul Singer, in buoni rapporti con l’establishment repubblicano Usa ma anche con Silvio Berlusconi, e Vivendi, holding francese controllata dall’imprenditore bretone Vincent Bolloré (da mesi impegnata anche in un braccio di ferro con Mediaset), accusata da Singer di non aver fatto fino in fondo gli interessi degli azionisti dell’ex monopolista telefonico italiano in cui il gruppo francese esercita un controllo di fatto col 23,9% dei diritti di voto. Un’accusa che ha portato Singer a chiedere la sostituzione di sei consiglieri in quota Vivendi nel Cda di Telecom Italia, richiesta che può da oggi contare almeno sull’8,8% dei diritti di voto.
In realtà la conta non finisce qui: Singer (che finora ha distribuito la partecipazione tra Elliot Management, al 2,8%, e Elliott International, al 6%) ha comunicato alla Sec americana di avere anche incrementato le sue opzioni “call” (di acquisto) sul titolo, che hanno come controparte la banca d’affari americana Jp Morgan, con scadenze tra febbraio e giugno 2019 e prezzo di esercizio pari a 0,895 euro, equivalenti ad una ulteriore partecipazione potenziale del 4,93%.
Questo significa che Singer virtualmente è già socio al 13,73%, ma non solo: il fondo ha infatti in portafoglio anche azioni di risparmio pari al 2,8% del capitale di risparmio, ovvero allo 0,8% del capitale totale di Telecom Italia, titoli che il fondo propone di convertire in azioni ordinarie argomentando la richiesta con la creazione di valore che tale conversione avrebbe per tutti gli azionisti, anche alla luce del ritorno al dividendo.
L’ipotesi conversione era stata del resto accarezzata anche da Vivendi, salvo essere poi accantonata ufficialmente perché giudicata onerosa, in pratica (sospettano molti a Piazza Affari) perché avrebbe causato un’eccessiva diluizione della partecipazione di Vivendi.
A sua volta Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe poter raggiungere una quota vicina al 5% di Telecom Italia anche tramite l’utilizzo di strumenti derivati, voti che in assemblea si schiererebbero con quelli di Elliot (arrivando dunque a un fronte comune attorno al 19% dei diritti di voto, ossia solo 5 punti sotto il fronte francese), visto che Cdp condivide l’interesse ad arrivare quanto prima allo scorporo della rete d’accesso, ritenuta un asset strategico, che il fondo americano, a sorpresa, pensa possa valere da un minimo di 10 a un massimo di 25 miliardi di euro, quest’ultima cifra ben più elevata di quelle finora circolate.
(Segue...)