Tim,corsa contro il tempo di Bollorè.Vivendi denuncia Elliott per market abuse
Il gruppo che fa capo al finanziere francese Bolloré prova a convincere la Consob e i fondi azionisti che le basse quotazioni di Tim sono colpa di Elliott
Vivendi è pronta a far salire di tono lo scontro tra i soci di Telecom Italia e in particolare nei confronti del fondo Elliott Management: nelle prossime ore partirà la missiva indirizzata alla Consob in cui il gruppo francese che fa capo al finanziere bretone Vincent Bolloré accuserà Elliott di aver manipolato il mercato, avendo tutto l’interesse a vedere il prezzo di Tim calare in borsa. Qualche giorno fa sempre Vivendi aveva accusato i consiglieri di amministrazione eletti da Elliott di fare “melina”, sottolineando come le tattiche utilizzate per “perdere tempo” stessero avendo un effetto “molto dannoso” sui risultati finanziari dell’azienda e di conseguenza su Vivendi, primo socio col 23,9% e sempre più sotto il fuoco di fila di una campagna “anti francesi” come commenta anche il quotidiano transalpino Les Echos.
Il 21 dicembre scorso infatti il Cda aveva rinviato al 14 gennaio, al termine di un’istruttoria interna, ogni decisione in merito alla richiesta di Vivendi di convocare l’assemblea dei soci per deliberare la revoca di Fulvio Conti, Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari, Dante Roscini e Paola Giannotti de Ponti (nominati dalla lista di Elliott) e la nomina al loro posto di Franco Bernabè, Rob van der Valk, Flavia Mazzarella, Gabriele GalateridiGenola e Francesco Vatalaro.
Una “tattica dilatoria” che sembra effettivamente aver pesato sul titolo Tim, passato da 48,85 centesimi dell’ultima chiusura di borsa prima della decisione del Cda di dicembre ai 46,25 centesimi attuali, ma non solo. Da prima di Natale ad oggi le tensioni tra Roma e Parigi sono solo che cresciute, anche in vista delle prossime elezioni europee di maggio, con ripetuti attacchi dei vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio al presidente francese Emmanuel Macron e piccate risposte dell’Eliseo indirizzate al governo Conte. Un clima che di settimana in settimana rischia di farsi più rovente e che potrebbe ulteriormente danneggiare gli interessi di Vivendi in Italia, sia in Tim sia in Mediaset, anche se per ora il titolo francese (che il 4 agosto 2014, quando Vivendi presentò a Telefonica una prima offerta sulla brasiliana Gtv da cui sarebbe scaturito il suo ingresso nel capitale di Tim, valeva 18,91 euro) non ha risentito di queste turbolenze, essendo anzi passato da 21 a 21,9 euro per azione nel corso dell’ultimo mese.
Meglio tuttavia non correre rischi, debbono aver pensato a Parigi: visto che all’orizzonte si profila sempre più chiaramente lo scorporo della rete fissa di Tim e il suo conferimento ad una Netco nel cui capitale potrebbero entrare Open Fiber ovvero i suoi azionisti, Cassa depositi e prestiti (già anche nel capitale di Tim col 4,93%) ed Enel, evitare di subire ulteriori svalutazioni è vitale per cedere “al meglio” e non “al peggio” l’asset.
Anche perché in casa Open Fiber non sembrano voler restare con le mani in mano: parlando a un’audizione alla Camera sulla rete 5G il presidente Franco Bassanini ha ricordato come il gruppo abbia ormai superato il mezzo milione di clienti, mentre l’amministratore delegato Elisabetta Ripa ha rassicurato sul fatto che “al momento” non esistono “duplicazioni sulla rete d’accesso” aggiungendo però che poi “dipenderà da cosa farà l’incumbent” (ossia Tim) e che OF è “disponibile a ogni forma di collaborazione con tutti i soggetti sul territorio, anche con l’incumbent”.
Adesso o mai più, insomma, ed è chiaro che Vivendi vuole provare ad essere regista dell’aggregazione e non semplice spettatore di un’operazione al cui esito è legato gran parte della sua futura strategia in Italia, oltre che il risultato in termini economici di un investimento costato oltre 4,25 miliardi e già svalutato di 512 milioni nell’ultimo bilancio, quando il valore di carico è stato abbassato da circa 1,07 a 0,73 euro per azione.
Attendere ancora rischierebbe di obbligare Vivendi a svalutare ancora la partecipazione finendo definitivamente impantanata in una duplice guerra di posizione in Tim ma anche in Mediaset (dove i Berlusconi sono al lavoro per provare a dare vita a un polo europeo della televisione generalista che riduca il peso dei francesi nell’azionariato), mentre tutto attorno il clima peggiore nei confronti di Vincent Bolloré visto come “barbaro invasore” intenzionato a sottrarre due aziende “stretegiche” al controllo italiano.
Si tratta solo di capire se la tattica di Vivendi di far salire di tono lo scontro e rigettare in campo avversario le accuse di aver fatto perdere valore al gruppo riuscirà a far cambiare idea ai fondi, quegli stessi che controllano la maggior parte del capitale (per un 3% circa in mano a fondi italiani, per un altro 45% abbondante in mano a fondi internazionali) e che già lo scorso anno preferirono appoggiare il “ribaltone” a favore di Elliott piuttosto che sostenere le proposte dei francesi.
Luca Spoldi
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