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Economia
Tim, Elliott al 5%. L'attacco a Bollorè. Cdp nella Rete e vendita di Sparkle

Il fondo Elliott "non intende controllare Tim ma catalizzare un cambiamento che garantisca che la società sia gestita a beneficio di tutti gli azionisti". Cosi' il fondo (salito a una partecipazione del capitale che, fra azioni ordinarie e "strumenti finanziari", equivale al 5%) in una lettera agli azionisti Telecom pubblicata sul sito appositamente creato: www.TransformingTIM.com in occasione dell'assemblea del 24 aprile in cui l'hedge fund mira a sotituire i consiglieri espressione di Vivendi. Elliott ribadisce di ritenere che "sia necessario un cda realmente indipendente per migliorare sia la governance sia la performance di Tim. "Sulla base della nostra approfondita analisi - ribadisce ancora Elliott - riteniamo fortemente che ci possa essere un significativo upside per gli azionisti se un board indipendente facesse passi per migliorare la direzione strategica e la governance" di Telecom.

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Nella lettera il fondo critica la gestione Vivendi che ha condotto a suo avviso a una persistente sottovalutazione del titolo, a errori strategici oltre che a problemi di governance e conflitti di interesse. Elliott torna a proporre una "trasformazione strutturale" che passa da un board indipendente e porta a semplificare la struttura del capitale con la conversione delle risparmio in ordinarie, lo scorporo e la vendita parziale della rete (dove la soluzione preferibile è quella di un ingresso di Cdp), la vendita parziale o totale di Sparkle (in accordo con le istituzioni italiane visto che sull'asset lo Stato italiano ha esercitato il golden power). Altro punto toccato nella lettera l'utilizzo dei proventi delle cessioni per la riduzione del debito e la reintroduzione di un dividendo.

"La cattiva gestione del consiglio di amministrazione sotto il controllo Vivendi si e' tradotta in significativi problemi di governance e in corsi azionari al ribasso". Il gruppo italiano "riveste una posizione unica sul mercato italiano e dispone di eccellenti asset che, se gestiti correttamente, potrebbero produrre sostanziali e consistenti ritorni per i propri azionisti e contestualmente offrire un servizio pubblico di alta qualita'".

Per questo Elliott ritiene che "un consiglio realmente indipendente sia al momento necessario al fine di migliorare sia la governance sia il rendimento di Telecom Italia". Secondo Elliott "l'intera gestione Vivendi, e' stata segnata da continui passi falsi". Elliott, spiega la lettera, "ritiene che un consiglio pienamente indipendente dovrebbe assumere e valutare di assumere misure per semplificare la struttura obsoleta del capitale della societa' in modo da consentire a tutte le azioni gli stessi diritti di voto e patrimoniali.

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L'attuale struttura garantisce a Vivendi un numero di voti sproporzionato rispetto al suo investimento economico a causa dell'esistenza di azioni di risparmio prive di diritto di voto". Vivendi, prosegue il fondo, "ha bloccato la conversione di tale ultima categoria di azioni nel corso dell'assemblea generale annuale di Tim del dicembre 2015, perorando il proprio interesse a discapito di tutti i soci di minoranza. Nonostante Vivendi, al tempo, abbia dichiarato di essere favorevole alla conversione, in oltre due anni ha mancato di proporre un nuovo piano di conversione".

Elliott denuncia poi il limitato progresso nella trasformazione della struttura. E, riguardo alla rete fissa di Telecom, spiega: "l'autonoma quotazione o la parziale vendita di NetCo, a seguito di scorporo, ne massimizzerebbe il valore con conseguente riduzione dell'indebitamento ed apporto di benefici per tutti i soci di Tim" ritenendo che "ampliare la base azionaria di NetCo potrebbe creare valore per i soci di Tim e accelerare la creazione di un'unica rete nazionale". Elliott sottolinea poi i problemi nella "gestione societaria e conflitti di interesse" di Vivendi.

Tra gli esempi di come "Vivendi abbia esercitato il proprio controllo a detrimento dei divergenti interessi dei soci di minoranza", Elliott annovera "la proposta di joint venture tra Tim e Canal Plus" che "e' stata inizialmente trattata dal consiglio come operazione con parti correlate di 'minore rilevanza', evitando cosi' ab origine la richiesta del parere vincolante degli amministratori indipendenti. Solo a seguito dell'interessamento di Consob, Tim ha riqualificato la joint venture quale operazione con parti correlate di 'maggiore rilevanza'. A gennaio 2017, inoltre, "Tim ha assegnato un mandato pubblicitario (che secondo i rumor circolati avrebbe un valore di circa 100 milioni di euro) ad Havas, che e' posseduta da Vivendi". In piu' "Michel Sibony, ad esito della riunione del consiglio di Tim del 6 marzo 2018, e' stato nominato responsabile della funzione Procurement Unit and Real Estate, nonostante svolga molteplici funzioni nel Gruppo Bollore', Havas e Vivendi (tutti potenziali fornitori di Tim).

Il medesimo e' stato anche recentemente nominato chief value officer di Vivendi". Elliott punta il dito anche contro Felicite' Herzog che e' stata "candidata da Vivendi quale membro del consiglio della societa' in qualita' di amministratore 'indipendente' ed e' stata eletta in occasione sia dell'assemblea generale annuale di dicembre 2015, sia di maggio 2017; e' anche componente del Comitato controllo e rischi della societa'. Nonostante tale dichiarata 'indipendenza', la Sig.ra Herzog e' Presidente e fondatrice della societa' di consulenza Apremont Conseil, i cui rapporti con il gruppo Bollore' e con Vivendi sono attualmente oggetto di esame da parte della Consob".

Elliott fa inoltre notare che la Commissione Europea "ha accertato che il controllo di fatto di Vivendi sulla societa' unito alla detenzione di una partecipazione rilevante in Mediaset integra una concentrazione orizzontale e verticale vietata. Per risolvere tale situazione, Vivendi ha costretto Telecom a cedere il 70% della partecipazione in Persidera. La cessione e' previsto avvenga ad opera di un terzo non vincolato ad attenersi ad un prezzo minimo. Non comprendiamo davvero come tale processo possa massimizzarne il valore a vantaggio dei soci. Vivendi ha violato la legge Gasparri, venendo a detenere sia una partecipazione di controllo nella societa' sia una ampia partecipazione in Mediaset, circostanza che ha ulteriormente compromesso la relazione di Vivendi con il regolatore e con le altre autorita' ed istituzioni italiane".

Nel cahier de doleance, Elliott annovera anche il fatto che Vivendi abbia cambiato "due amministratori delegati di Tim in due anni, spendendo 25 milioni per la sola liquidazione di Flavio Cattaneo". Secondo il fondo per Telecom Italia la relazione tra "Vivendi e Mediaset limita la possibilita' di acquisto di contenuti cruciali per la societa'". La gestione Vivendi ha inoltre "minato la relazione con il Governo Italiano e il garante delle comunicazioni, entrambe circostanze gravemente pregiudizievoli nell'esercizio di un business regolamentato". Elliott constata in conclusione "con crescente senso di frustrazione come la societa' sia stata soggetta ad una serie di soci 'di controllo' che non hanno mai detenuto piu' del 30% dei diritti di voto della societa', non hanno mai pagato un premio adeguato per il controllo e tuttavia hanno esercitato un potere sproporzionato sulla societa' al servizio dei propri interessi ed a spese dei soci di minoranza".

 

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