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Economia
Tim, Elliott non chiede la testa di Genish. Rumors sull' inciucio

Sorpresa, ma non troppo: il fondo Elliott, che fa capo all’investitore attivista Paul Singer, notoriamente vicino al partito repubblicano statunitense e da tempo in buoni rapporti col gruppo Berlusconi, prova a far entrare i propri rappresentanti nel Cda di Telecom Italia, chiedendo la revoca di sei consiglieri (Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frederic Crepin, Giuseppe Recchi, Felicite Herzog e Anna Jones) e proponendo al loro posto sei amministratori indipendenti (Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli).

Ma, come hanno subito notato analisti e trader a Piazza Affari, non chiede la testa di Amos Genish, l’amministratore delegato dell’ex monopolista elettrico italiano. Così tra le chiacchiere degli operatori è subito scattata la gara a cercare di capire se e perché Genish possa restare al suo posto anche una volta che Elliott dovesse fare il suo ingresso in Cda. La prima e più plausibile ipotesi è che Singer non abbia addebiti specifici da muovere all’operato del manager e intenda semmai utilizzarlo come “ambasciatore” per instaurare un dialogo con Vincent Bollorè, il patron di Vivendi che col 24% esercita un’azione di controllo sul gruppo.

La seconda è che Genish, uomo di lungo corso della telefonia (essendo stato, tra l’altro, il Ceo di Telefonica Brasil/Vivo dal maggio 2015 al gennaio 2017) che comunque potrebbe lasciare, o essere revocato in un secondo momento, dopo aver incontrato gli uomini di Elliott a Londra la scorsa settimana possa aver dato l’idea di non essere ostile alla proposta di tornare a occuparsi soprattutto della valorizzazione di Tim Brasil, anche se questo significasse voltare le spalle a Vivendi, sulla cui gestione peraltro già in passato aveva avanzato rilievi critici, parlando di processi decisionali “lenti” e di “molti uomini mediocri” tra i top manager del gruppo “che non necessariamente aggiungono valore”.

L’ex capitano dell’esercito israeliano, del resto, è ancora molto amato nel paese verde-oro avendo creato da zero un gruppo, Gvt, che rilevando una licenza ventennale per le linee fisse nelle zone centrale e meridionale del Brasile a inizio millennio è riuscito a resistere al successivo scoppio della bolla della “new economy”, salvando un gruppo che ormai impiegava 18 mila dipendenti con un giro d’affari di 2,5 miliardi di dollari. Così un’eventuale “ritirata” dal fronte italiano potrebbe riportarlo in America Latina senza eccessivi scossoni (qualcuno a questo proposito ha pure ricordato il sua rientro in Brasile a cavallo di capodanno più prolungato del solito e i rumors di uscita da Tim, poi smentiti). 

Se Genish non dovesse fare barricate contro Elliott, ragionano alcuni trader, anche Silvio Berlusconi, nonostante la batosta elettorale, potrebbe tornare a sorridere. Bollorè si troverebbe infatti a dover decidere se andare avanti con una sfida su più fronti o trattare una resa il meno dolorosa possibile, cercando semmai di arrivare alla più volte ventilata fusione Mediaset-Telecom Italia per dar vita a una digital company in grado di produrre e distribuire contenuti su più canali. La partita, insomma, è ancora tutta da giocare, su più tavoli da quello societario a quello manageriale, sino a quello più squisitamente “politico”.

Luca Spoldi

Tags:
timtelecomvivendi amos genishfondo elliottpaul singer





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