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Economia
Tim, variabile voto nel futuro. La "Netflix latina" di Bollorè guarda a FI
Foto LaPresse

Telecom Italia in recupero a Piazza Affari, dove il titolo guadagna oltre un punto percentuale a fronte di un mercato che fatica a riprendersi dagli ultimi scivoloni (indice Ftse Mib +0,2%), eppure l’ormai imminente appuntamento elettorale sembra costituire, sono le interpretazioni prevalenti nelle banche d'affari, un ostacolo insormontabile nelle trattative per dar vita alla joint-venture Tim-Canal Plus sui contenuti. Joint venture che avrebbe potuto allargarsi a Mediaset ma che proprio a causa dello stallo nelle trattative tra il gruppo che fa capo al finanziere francese Vincent Bolloré, Vivendi (socio di controllo di Tim col 24%), e il gruppo della famiglia Berlusconi, Mediaset (nel quale sempre Vivendi è entrata poco più di un anno fa con un blitz che l’ha portata al 20%), rischia di naufragare o almeno richiedere tempi lunghi.

telecom ape (1)
 

Se gli analisti finanziari restano convinti che la convergenza tecnologica sia ormai inevitabile, ben difficilmente il Cda dell’ex monopolista telefonico italiano del prossimo 6 marzo potrà dare il via libera al progetto che prevedeva una triplice alleanza tra Tim (socia al 60% e acquirente dei contenuti), Vivendi (socia al 20% ed in grado di offrire i contenuti della controllata Canal Plus) e Mediaset (socia al 20%, da cui Tim avrebbe comprato contenuti per almeno 460 milioni in sei anni), con la possibilità per quest’ultima di rivendere la propria quota a Vivendi dopo due anni per un valore che voci di mercato indicavano attorno ai 140 milioni.

Facendo le somme, del resto, la proposta di Vivendi/Tim garantiva a Mediaset di 600 milioni, più dei “non meno di 570 milioni” quantificati nella causa civile aperta davanti al tribunale di Milano dal gruppo italiano contro quello francese (che il 27 febbraio prossimo vedrà svolgersi la prima udienza, non essendosi finora trovato un accordo extragiudiziale) ma meno dei 760 milioni che i francesi avrebbero dovuto sborsare se avessero dato seguito agli accordi per rilevare il 100% di Mediaset Premium dal Biscione. Una proposta che sembrava in grado di evitare i tempi lunghi della giustizia italiana fino a poche settimane fa, ma che l’avanzata di Forza Italia nei sondaggi ha finito col mandare in soffitta.

vincent bollore arnaud de puyfontaine
 

Così ora gli esegeti della finanza aspettano l’esito delle elezioni politiche italiane, con due scenari alternativi possibili: se Forza Italia non sarà determinante per la formazione del nuovo governo, ad esempio se venisse scavalcata dalla Lega oltre che da M5S e PD, Bolloré potrebbe tornare a trattare ritoccando leggermente la sua offerta con concrete possibilità che stavolta Silvio Berlusconi accetti un compromesso, anche per porre fine a una fase di incertezza che non fa bene a nessuno dei due contendenti tanto più che i concorrenti, a partire da Netflix e Sky, non stanno certo a guardare.

Ma se, come sembra probabile anche dagli ultimi sondaggi (quelli ufficiali sono chiusi, ma le rilevazioni delle intenzioni di voto commissionate dai vari partiti continuano), il partito di Silvio Berlusconi resterà alla guida del Centrodestra e sarà in grado di dettare se non l’intera agenda almeno alcuni punti fermi di un governo “delle larghe intese” bis, l’accordo potrebbe saltare definitivamente, con Bolloré costretto a chiudere nel peggiore dei modi l’avventura italiana, ovvero con una mesta ritirata da Mediaset e la concentrazione degli sforzi nel delineare una nuova partnership industriale per Tim con qualche altro grande produttore di contenuti europeo.

(Segue...)

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