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Economia
Trevi, il Cda blocca la famiglia. La guerra mette a rischio il rilancio

Il settore delle costruzioni non conosce pace. In attesa del varo di Progetto Italia fra Cdp e Salini Impregilo per mettere in sicurezza Astaldi e risolvere le difficoltà  anche di Condotte, Grandi Lavori Fincosit e Cmc, il Cda di Trevi rispedisce al mittente le velleità dell'azionista di controllo Trevi Holding (Thse).

Dopo che la famiglia Trevisani aveva ottenuto dal Tribunale di Cesena l'autorizzazione a "richiedere la convocazione dell'assemblea di Trevifin (la controllata Trevi Finanziaria Industriale, ndr)" per la revoca dei suoi amministratori, il board, al termine di un voto espresso a maggioranza, prende carta e penna e definisce "del tutto infondate e contraddittorie le motivazioni" alla base della richiesta del socio di maggioranza relativa. "Le affermazioni di Thse sono, tra l'altro, potenzialmente idonee a pregiudicare il buon esito della manovra stessa e, con essa, la messa in sicurezza" di Trevi, impegnata in un complesso piano di ristrutturazione.

Secondo la famiglia, che appoggia comunque il piano di rafforzamento dell'azienda, l'attuale consiglio avrebbe generato un "deficit di legittimità" nella manovra finanziaria e del correlato aumento di capitale "connessi all'operazione di rafforzamento patrimoniale a alla ristrutturazione dell'indebitamento del gruppo", che supera la cifra di 700 milioni di euro. Un tentativo, forse l'ultimo a disposizione dei Trevisani, la cui holding in procedura concorsuale non è in grado di indebitarsi per l'aumento, per non venir estromessi dalla loro azienda, di cui possiedono attualmente oltre il 32,7%.

Per metterla in sicurezza la Cdp (16,85%) e Polaris (10%) sono pronte a intervenire con un aumento di capitale da 130 milioni, forti di un accordo con le banche creditrici per convertire il debito in azioni con un rapporto di 4,5 a 1, fino a 310 milioni. La famiglia però chiede il riconoscimento di un valore del capitale esistente ('equity pre-money'), mettendo sul piatto anche una modifica della conversione tra debito e capitale "in favore del ceto bancario", indisponibile però a rinegoziare il piano. Da qui la minaccia di chiedere le dimissioni anche in assenza di una "giusta causa”.

Il board si riunirà il prossimo 15 luglio data in cui intende approvare i bilanci al 31 dicembre 2017 e al 31 dicembre 2018, "nonche' all'adozione delle ulteriori determinazioni funzionali all'esecuzione della manovra finanziaria e di ristrutturazione dell'indebitamento attualmente sottoposta agli organi deliberanti delle banche creditrici”. Intanto, in Borsa il titolo Trevi va giù. 

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