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Economia
Wall Street tifa Donald Trump. Ma la green economy dice Hillary
Wall Street tifa Donald Trump. Ma la green economy dice Hillary. Le elezioni Usa viste dai mercati


Ormai la sfida per le elezioni presidenziali del prossimo novembre, negli Stati Uniti, si è ridotta a due nomi e se in campo democratico sembravano esservi fin dall'inizio pochi dubbi sulla corsa di Hillary Clinton, ex first lady poi divenuta senatrice di New York e Segretario di Stato, fino all'ultimo in molti non credevano che un neofita della politica come il "palazzinaro" Donald Trump sarebbe riuscito a sconfiggere l'establishment del partito Repubblicano, apertamente contrario alla sua candidatura.

Ma cosa può cambiare per gli investitori in caso di vittoria di Trump o della Clinton? Partiamo da un dato di fatto: indipendentemente dal nome del prossimo presidente Usa, la Federal Reserve sembra voler procedere lungo la strada di una normalizzazione dei tassi, operando però in modo opportunistico sulla base dei dati macro e della vicinanza delle sue periodiche riunioni ad altri eventi (tra cui il referendum del 23 giugno sulla permanenza o uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea) aventi un potenziale impatto sui mercati.

Proprio la vicinanza tra le elezioni presidenziali e la riunione di settembre sembra ad esempio aver convinto la banca centrale americana a rivedere la sua strategia secondo quanto fa notare Salman Ahmed, chief investment strategist di Lombard Odier Investment Managers, secondo cui è più probabile un aumento dei tassi d'interesse a luglio più che a giugno (per attendere i risultati del referendum inglese), mentre per un ulteriore aumento dei tassi nella seconda metà dell'anno si vedrà, in base alla maturità del ciclo economico statunitense e alle sfide strutturali poste da Europa, Cina e Giappone.

In sostanza, tranne sorprese clamorose, rendimenti obbligazionari statunitensi dovrebbero rimanere contenuti, con i T-bond decennali al di sotto del 2% (siamo attualmente attorno all'1,8%) e quindi un moderato calo delle quotazioni, a fronte di una forza del dollaro vista di recente destinata per l'esperto a ridursi nei prossimi mesi. In attesa che i rendimenti dei bond Usa si facciano sufficientemente allettanti da bilanciare il rischio di perdite in conto capitale, meglio evitare di parcheggiarvi troppo denaro sopra, mantenendosi su titoli con scadenza tra i 2 e i 5 anni.

Sul mercato azionario l'elezione di Trump piuttosto che della Clinton potrà invece fare una certa differenza, in particolare per alcune blue chip come Amazon, che Trump non ama, anche perché il suo fondatore, Jeff Bezos, possiede anche il Washington Post che Trump ha accusato di avere un "esercito di 20 analisti addetti a scavare in ogni fase della mia vita". Trump da tempo accusa Bezos di aver acquistato lo storico giornale nel per fare pressione sui politici di Washington perché tenessero basse le tasse su Amazon ed evitassero che il gruppo finisse sotto inchiesta all'Antitrust.

Trump di recente ha poi "allertato" la potente National Rifle Association, la lobby americana dei produttori di armi, che Hillary Clinton intenderebbe "abolire il Secondo Emendamento", quello appunto che garantisce il diritto di possedere armi. Vero o meno che sia, di certo una vittori di Trump sarebbe giudicata positivamente per il settore difesa, mentre il successo della Clinton potrebbe portare a prese di profitto su titoli come ad esempio Northrop Grumman e Boeing.  Un discorso probabilmente analogo varrebbe per settori tradizionalmente pro-Repubblicani come quello immobiliare e quello petrolifero e quindi per compagnie come Exxon Mobil o Chevron, mentre settori pro-Democratici sono da anni quello delle energie rinnovabili e delle imprese high-tech come Microsoft, Google o Facebook.

Nonostante alcune dichiarazioni fatte in campagna elettorale contro Wall Street e i fondi hedge e a favore di un innalzamento delle tasse sui più ricchi, molti intermediari e gestori sono convinti che Trump se eletto tenterebbe di ridurre il più possibile le tasse sulle imprese e per questo il suo sostegno sta crescendo tra gli operatori del settore finanziario molto più che non quello per Hillary Clinton, anche se qualcuno sottolinea che con Trump alla Casa Bianca vi sarebbe una maggiore incertezza in particolare in politica estera, cosa che potrebbe danneggiare gli esportatori magari a seguito di un più deciso rialzo dei tassi e di un rafforzamento del dollaro.

Su base storica, poi, Wall Street ha performato meglio durante presidenze democratiche, basti pensare che nei quasi otto anni di presidenza Obama Wall Street è salita di quasi il 140%. Vero è che Barack Obama entrò alla Casa Bianca a fine 2008, durante la crisi peggiore dai tempi dalla grande recessione, con l'indice S&P500 che dopo aver toccato un minimo di 676,53 punti il 9 marzo 2009 è tornato a rivedere i massimi storici a 2.116 punti nella seduta dell'11 marzo scorso ed oscillare tuttora sopra i 2.000 punti.

Una combinazione che questa volta non si dovrebbe ripetere. Tuttavia dal secondo dopoguerra ad oggi gli unici due presidenti ad aver visto rendimenti negativi durante la loro permanenza alla Casa Bianca sono stati Richard Nixon e George W. Bush, entrambi Repubblicani. Così sebbene la complessità dei mercati finanziari e il contesto economico che ogni neo-presidente eredita fanno sì che sia difficile attribuire il successo o il fallimento di Wall Street all'inquilino della Casa Bianca, gli investitori dovrebbero forse fare il tifo per Hillary Clinton e augurarsi che nel resto del mondo la ripresa si consolidi.

 

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