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Economia
Turchia, lira e Borsa tentano il rimbalzo. Lo spread rifiata di qualche punto

La Borsa turca tenta la ripartenza dopo il crollo della lira e all'indomani delle parole del presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha accusato di "tradimento" l'alleato americano, e della banca centrale che ha promesso di fare "tutto quello che sarà necessario" per salvare la propria moneta. Mentre la lira turca prova a riguadagnare terreno su dollaro (la valuta recupera oltre il 2% sia nei confronti del dollaro sia nei confronti dell'euro), ieri la flessione si è fermata a -6,9%, anche l'indice Bist 100 della Borsa di Istanbul prova a reagire e segna +2,58% a 95.080 punti.

Ieri l'indice ha chiuso in ribasso del 2,38%, dopo essere crollato del 6%, tornando ai minimi di inizio 2009. Seduta in moderato rialzo così anche per le principali Borse europee, che tentano così il rimbalzo dopo i ribassi di inizio settimana. In avvio a Francoforte il Dax sale dello 0,70%, a Parigi il Cac40 guadagna lo 0,51% e a Londra l'indice Ftse 100 segna un progresso dello 0,24%. La maggiore stabilità della lira turca questa mattina incoraggia i mercati a reagire ai timori sulla crisi in Turchia.

Intonazione positiva anche sui listini asiatici che si muovono per la maggior parte sopra la parità, trainati da Tokyo che ha chiuso con un balzo di oltre il 2% (Nikkei +2,28%), mentre le piazze cinesi rimangono indietro appesantite dalle deboli indicazioni macro (produzione industriale e vendite al dettaglio sotto le attese). Sul mercato secondario, grazie all'allentamento delle tensioni finanziarie in Turchia e al conseguente recupero della lira turca sui mercati valutari, lo spread BTp-Bund recupera in avvio.

Il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano e il pari scadenza tedesco si attesta in avvio a 269 punti base, in calo di 10 punti rispetto alla chiusura di ieri, quando lo spread aveva toccato i massimi da fine maggio. In deciso calo anche il rendimento del BTp benchmark decennale che, dopo essersi attestato al 3,10% ieri in chiusura di seduta, scambia la momento al 3,02%, in flessione di 8 centesimi rispetto al riferimento ella vigilia. Oltre Oceano, la seduta di ieri a Wall Street e' finita in calo ma sopra i minimi intraday.

Per il DJIA e l'S&P 500 - reduci dalla prima settimana in calo su sei - e' stata la quarta giornata di fila in ribasso. Anche negli Stati Uniti, l'azionario ha risentito della continuazione della crisi turca. Le mosse annunciate dalla banca centrale ad Ankara per fornire liquidita' e contenere la caduta della lira sono state giudicate insufficienti dagli analisti. Il fatto che il presidente Recep Tayyip Erdogan non sembri affatto intenzionato a permettere un rialzo dei tassi - facendo vacillare la gia' dubbia indipendenza della banca centrale turca - e men che meno a chiedere un bailout internazionale non fa che alimentare i timori che la crisi finisca per contagiare altri mercati emergenti, gia' nervosi.

Lo si e' visto dall'Argentina, la cui banca centrale ha sorpreso alzando i tassi di ben 500 punti base al 45% a fronte di un indebolimento del peso. Sullo sfondo restano le tensioni commerciali tra Usa e Cina e quelle diplomatiche non solo tra Usa e Turchia ma anche tra Usa e Iran. Da Ankara, Washington vuole la liberazione di un pastore evangelico imprigionato da quasi due anni. Attraverso il suo leader supremo, Teheran ha escluso ogni trattativa con gli Usa, che da novembre torneranno a sanzionare il petrolio iraniano. In assenza di spunti macroeconomici, i trader hanno analizzato le nuove proiezioni del Congressional Budget Office: l'organismo congressuale bipartisan ha ridotto a un +3,1% da un +3,3% le stime sulla crescita del Pil Usa nel 2018 per via delle tensioni commerciali e di un'inflazione in ripresa. Il calcolo e' comunque lo 0,6% piu' alto del dato registrato nel 2017.

Per il 2019 le stime sono rimaste a un +2,4% mentre per il 2020 sono state limate dello 0,1% a un +1,7%. In uno studio, i ricercatori della Federal Reserve di New York prevedono che le esportazioni Usa caleranno per colpa dei dazi voluti dal governo Trump, che cosi' non otterra' alcun miglioramento del deficit commerciale. Arrivato a cedere fino a 159 punti, il Dow ne ha lasciati sul terreno 125,44, lo 0,5%, a quota 25.187,7. L'S&P 500 ha perso 11,35 punti, lo 0,4%, a quota 2.821,93. Il Nasdaq Composite ha lasciato sul terreno 19,4 punti, lo 0,25%, a quota 7.819,71. Arrivato a cedere il 2,8% sotto i 66 dollari, il contratto settembre del petrolio al Nymex e' scivolato dello 0,6% a 67,20 dollari. A livello societario, e' fallito l'ennesimo tentativo di Amazon (+0,5% a 1.896,2 dollari) di archiviare la prima seduta sopra i 1.900 dollari. La prima giornata di scambi chiusa sopra quota 1.800 dollari e' stata solo il 13 luglio scorso.

Tesla ha guadagnato lo 0,26% a 356,41 dollari nel giorno in cui il Ceo Elon Musk ha fornito chiarimenti - ritenuti poco convincenti dagli analisti - sul buyout ipotizzato il 7 agosto scorso in una serie di tweet su cui la Sec ha acceso un faro. Nel reddito fisso, i Treasury hanno perso quota: in questa asset class i trader scommettono che la crisi turca sara' contenuta. Il decennale ha chiuso con rendimenti - che si muovono inversamente ai prezzi - al 2,877% dal 2,859% di venerdi' scorso. I rendimenti sono saliti su rumor - non confermati - che il pastore americano Andrew Brunson, detenuto da quasi due anni dalla Turchia, verra' liberato presto.

Una mossa tale allenterebbe le tensioni diplomatiche in corso con gli Usa. Sul fronte valutario, la lira turca e' rimasta sotto pressione con il dollaro che per la prima volta e' arrivato a comprarne poco piu' di sette unita' dalle 6,4275 di venerdi' scorso. Di conseguenza hanno sofferto il rand sudafricano (sceso ai minimi di novembre contro il dollaro), il peso messicano (calato sui minimi di un mese) e la rupia indiana (finita sui minimi storici). Un euro comprava 1,1387 dollari da 1,1412 dollari della seduta precedente.

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