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Economia
Ue, Conte a caccia di 9 miliardi (non 5). Premier nell'arte del convincere

La situazione sui conti è migliore (rispetto a quanto stimato dallla Commissione, ndr), ma non sarà assolutamente una strada spianata”, ha spiegato Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio Ue sul tema della procedura d’infrazione richiesta dalla Commissione nei confronti dell’Italia. E infatti se a dicembre il premier in zona Cesarini sull’approvazione della legge di Bilancio ha dovuto fare appello a tutte le sue capacità per convincere gli interlocutori ad archiviare le sanzioni nei confronti del nostro Paese, ora Conte dovrà superarsi.

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A giudicare dalle parole del primo ministro olandese Mark Rutte, notoriamente un falco, (“sono felice per il fatto che la procedura ha cominciato a essere avviata dato che è giustificata”, ha detto), per l’Italia non tira certo una buona aria, ma che la Commissione europea e l'Eurogruppo stiano lavorando per evitare di far scattare la procedura sul debito contro il nostro Paese è un fatto. 

Secondo fonti diplomatiche europee poi, la posizione del presidente francese Emmanuel Macron è di sostegno allo sforzo di Conte e Tria, inclinazione che rispecchierebbe evidentemente anche un'analoga posizione da parte tedesca.

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Secondo quanto riferiscono fonti governative, l’esecutivo non solo deve assicurare con dati incontrovertibili che i 5 miliardi indicati come nuove entrate e minori spese non sono semplici promesse, ma deve probabilmente compiere uno sforzo ulteriore per avvicinarsi di più all'ammontare complessivo di circa 9 miliardi che in teoria sarebbero necessari per rispettare il patto di stabilità.

I 9 miliardi in dote, infatti, permetterebbero a Palazzo Chigi di evitare la procedura portando il deficit nominale al 2%, un decimale in meno realizzato con l’assestamento di bilancio (provvedimento che arriverà mercoledì in Cdm dopo il giudizio di parificazione della Corte dei conti), alimentando il taglio al disavanzo strutturale in grado secondo il governo di compensare lo sforamento (0,3% del Pil) con cui si è chiuso il 2018. Quel 2% che era stato fissato d’intesa con Bruxelles a dicembre dopo la prima trattativa con il duo Moscovici-Dombrovskis.

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Cosi Conte porterà al tavolo con la Commissione due documenti ufficiali con cui certificare il “tesoretto correttivo” del deficit (Juncker&soci nelle ultime stime di primavera lo prevedono al 2,5% del Pil) da 5 miliardi e cioè il decreto che conferma l’attivazione della “clausola Tria” sulla spesa da due miliardi deliberata dal Cdm mercoledì scorso (da cui spariranno i tagli da 340 milioni al trasporto locale e al welfare compensati da proventi alla lotta all’evasione) e il Ddl sull’assestamento di bilancio. Assestamento con il saldo da 3,2 miliardi, frutto dei 6 miliardi di entrate aggiuntive, da riscossione fiscale, dividendi di Bankitalia e partecipate come anche l’extra-dividendo da 800 milioni appena richiesto alla Cdp, depurati dai 2,8 di maggiori spese necessarie a chiudere l’assestamento.

E qui, spiegano fonti governative, entreranno in gioco le capacità di Conte. In primis, per superare le possibili obiezioni della Commissione sul fatto che i dividendi delle partecipate limano il debito ma non hanno un impatto strutturale sul deficit. 



Poi, sul fatto che per spingere il deficit verso il 2%, il premier dovrà far valere anche i miliardi di maggiori entrate che arriveranno a fine luglio prodotti dal primo semestre di fatturazione elettronica generalizzata e, soprattutto, i risparmi da minori spese e reddito di cittadinanza, per cui il presidente del Consiglio ricorderà (soprattutto per il reddito) che in legge di bilancio le coperture sono state calcolate con il criterio della sovrastimazione. E che a fine anno quindi saranno in cassa. Conte, infine, si spiega, ricorderà anche il generale rallentamento economico che sta coinvolgendo l’economia del Vecchio Continente. Contesto che non risparmia nessuno. Germania in cima alla lista.

Della procedura sul debito italiano, il premier parlerà ancora con il presidente della Commissione Juncker e con gli altri leader a margine delle riunioni del G20 a Osaka la prossima settimana. La data sulla quale si lavora è un chiarimento definitivo prima del 9 luglio, giorno in cui si riunirà l'Ecofin, ultimo utile per poter decidere eventualmente l'apertura della procedura contro l'Italia. Decisione che tutti vogliono (o dicono di voler) evitare.

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