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Economia
Unicredit e i suoi record: fra esuberi e innovazione (per sopravvivere)

Il rally in borsa del titolo Unicredit dopo la pubblicazione dei conti (con utili che superano le attese) sembrerebbe un po’ in contrasto con le contestuali dichiarazioni dell’Ad Mustier di un imminente negoziato che avvierà sugli esuberi del gruppo (si stima di circa 5.000 unità solo in Italia). Già qualche mese fa, a fronte dei primi annunci di Mustier di una prossima cura dimagrante degli organici, la politica aveva reagito in modo scomposto e irrazionale soffiando sulla cenere del populismo e facendo finta che il mondo sia fermo agli anni settanta.

Li ricordate? Erano gli anni del mito del lavoro in banca, della lineare carriera da sportellista a capo filiale fino alla direzione generale. Poi succede che il mondo cambia, che le tecnologie avanzano, che il lavoro dello sportellista e istruttore fidi vengano in parte sostituiti dall’automazione e che i bonifici li facciamo direttamente dal telefonino.

La politica, anziché rilanciare sul futuro, sulle competenze necessarie ai nuovi mestieri del banking, “condanna” una società privata che si muove sui binari inevitabili della trasformazione digitale. Le banche fatte così come le conosciamo non le vedremo più, questo è bene ribadirlo a voce alta, però attenzione non muore il “fare banca” che invece troverà nuovi ambiti di sviluppo e contaminazione. Le banche sono soggette alla maggiore rivoluzione della loro storia grazie al combinato disposto fra sofisticate tecnologie abilitanti e la nuova disciplina della PSD2 che apre in sostanza i “segreti” dati delle banche all’ecosistema dei servizi (il cosiddetto open banking).

Le banche che sapranno adeguarsi a questo nuovo contesto prospereranno, le altre invece saranno sempre più marginali a rischio estinzione. Vi siete chiesti perché le filiali chiudono? Secondo i dati del recente rapporto della società di consulenza Kpmg, le banche italiane hanno ridotto di 11.500 unità gli sportelli bancari negli ultimi dieci anni, e non è finita. Vi siete chiesti perché riuscite ad ottenere in pochi minuti un prestito o aprire un conto corrente in autonomia senza nessuna interazione umana? Vi siete chiesti perché se navigate sul web e cercate un mutuo vi si presentano dei comparatori che vi propongono il mutuo più adatto a voi?

Una classe politica seria, prima di cavalcare la disperazione di chi perde un posto di lavoro (ci sono politiche sociali in merito oltre al fatto che i dipendenti bancari qualche tutela in più ce l’hanno), dovrebbe cavalcare i grandi trend in atto per predisporre le generazioni future a crearsi facilmente un lavoro. Siamo di fronte, infatti, ad un paradigma totalmente inedito dove il confine fra i soggetti della nuova arena competitiva è sempre più labile, dove però forse con processi ad alto tasso tecnologico, ridondati, più controllati, con dati certificati, saremo tutti più tutelati.

È questa la vera svolta alla quale assistiamo, il “controllo” esercitato dalla tecnologia da un lato ci segue come una spia, dall’altro ci “protegge” dall’aleatorietà (talvolta malafede) di chi ha contribuito a distruggere molte delle nostre banche: l’uomo. L’open banking darà mille opzioni al consumatore per costruirsi la propria journey secondo proprie necessità con i players creditizi e non solo, anzi chi vende credito avrà la possibilità di essere proattivo intercettando le nostre esigenze di servizi: ecco il ribaltamento di paradigma, prima ci recavamo in banca per ottenere credito per poi far fronte ad un servizio o un bene, ora ci viene proposta una linea di credito per far fronte ad uno specifico servizio o bene intercettato dalla banca stessa. Quali competenze servono per fare tutto questo?

Pensate a quanto di più lontano dalle professionalità passate dei tipici profili bancari, serviranno infatti profili in grado di analizzare dati (i cosiddetti big data), di implementare processi incentrati sulla qualità dell’experience del cliente, di costruire network distintivi di servizi. Qualcuno ha parlato di banche come tech company, ha ragione, siamo nell’era della tecnologia che guida e che abilità al successo. Anche le banche “del territorio” (dove si sono concentrati i maggiori disastri) non potranno più crogiolarsi sugli allori, se non sapranno dialogare con i clienti con queste nuove modalità moriranno.

L’isterismo della politica italiana purtroppo non ci fa essere molto ottimisti, ma la spinta della tecnologia sarà superiore a qualsiasi resistenza retrograda. Attenzione però, non stiamo dicendo che le risorse umane non serviranno più e che i modelli di servizio delle banche saranno tutti uguali, tutt’altro. Ricordo che fino a non molti anni fa il valore delle banche era fortemente legato all’espansione territoriale (si compravano banche con un “prezzo” a filiale), i clienti venivano intermediati solo dalle filiali, quindi più avevi filiali e più avevi clienti. Ora vincono i modelli snelli e multicanale (filiali ridotte e canali digitali), modelli flessibili e scalabili, modelli inclusivi e ricettivi. La consulenza finanziaria specialistica resterà relegata alla capacità di ottenere la fiducia dai clienti, e qui non c’è macchina che tenga.

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