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Economia

Dopo dieci anni "orribili", per le fondazioni bancarie italiane il peggio potrebbe essere alle spalle, grazie ai primi risultati delle ristrutturazioni dei perimetri d'attività, revisione dei business model e pulizie di portafoglio avviate da un top management che in questi anni si è profondamente rinnovato ai vertici dei principali gruppi creditizi tricolori, a partire da Unicredit e Intesa Sanpaolo. Proprio uno degli azionisti di Unicredit, Fondazione Crt (azionista dell'istituto con circa l'1,7% del capitale) si dice oggi, per bocca del suo presidente, Giovanni Quaglia, soddisfatto della gestione di Jean Pierre Mustier.

mustier messina
 

"Va benissimo, il titolo sta crescendo e quest'anno i dividendi ci saranno: al momento non possiamo che essere soddisfatti" ha spiegato Quaglia a margine della presentazione delle linee programmatiche 2018 della Compagnia di San Paolo, l'altra grande fondazione bancaria torinese che è il primo azionista di Intesa Sanpaolo col 9,88% del capitale. Ma quanto hanno recuperato nell'ultimo anno le Fondazioni grazie in particolare a Mustier e a Carlo Messina (Ceo di Intesa Sanpaolo)?

A inizio 2007 in Unicredit erano presenti tra i soci principali Fondazione Cariverona col 4,54%, Fondazione Crt (accreditata del 3,79%) e Carimonte (col 3,35%), mentre una manciata di altre fondazioni controllava un ulteriore 4,15%.

Lo scorso anno, di questi tempi, nessuno aveva conservato una quota pari o superiore al 2%: Cariverona era di una spanna davanti a tutti con l'1,8%, seguito da Crt (1,7% appunto) e da altre otto fondazioni nel complesso titolari di circa il 2%. Visto che nell'ultimo anno le quotazioni di Unicredit sono crescite di circa il 36%, a tanto ammonta la rivalutazione implicita delle partecipazioni delle fondazioni bancarie socie della banca guidata da Mustier: quella di Cariverona in particolare ora vale circa 716 milioni di euro, quella di Crt una quarantina di milioni in meno (678 milioni). Ancora più soddisfatti possono dirsi gli azionisti di Intesa Sanpaolo: il titolo della banca guidata da Carlo Messina nell'ultimo anno ha infatti recuperato quasi il 54%. Così ora la partecipazione di Compagnia di San Paolo vale 5,24 miliardi di euro, mentre quella di Fondazione Cariplo (4,68%) vale poco più di 2,48 miliardi.

Giuseppe Guzzetti
 

Merito anche del fatto che, rispetto al 2007, le partecipazioni delle due fondazioni non si sono assottigliate, anzi: Compagnia di San Paolo pesava il 7,95%, quasi 2 punti in meno di oggi, Cariplo oscillava sul 4,67%, sostanzialmente in linea coi valori attuali. Che Intesa Sanpaolo sia rimasta in questi undici anni una banca con una migliore qualità del credito è stato l'elemento che ha fatto la differenza anche rispetto ad altre situazioni, come nel caso di Mps, dove Fondazione Montepaschi è passata dal 56% allo 0,1% del capitale (pari a un controvalore di soli 4 milioni o poco più), piuttosto che di Banca Carige, la cui Fondazione è passata dal 46,6% del 2007 ad appena lo 0,07% del capitale post ricapitalizzazione (per un controvalore di neppure 330 mila euro).

Essere riusciti a conservare una partecipazione decente nel capitale di banche risanate ha consentito e consentirà di godere dei benefici dell'opera di ristrutturazione intrapresa dal management anche in termini di dividendi. Intesa Sanpaolo, come noto, ha distribuito 10 miliardi di euro di dividendi, crescenti, ai propri soci nel quadriennio 2014-2017 (1,2 miliardi a valere sugli utili 2014, 2,4 miliardi sul 2015, 3 miliardi sul 2016 e 3,4 miliardi sul 2017), di cui quasi un miliardo sono dunque finiti in tasca alla Compagnia di San Paolo e poco meno della metà a Fondazione Cariplo.

(Segue...)

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