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Economia
UniCredit valuta l'uscita dalla Turchia.Via da Yapi per rafforzare il capitale

Dopo Bank Pekao, Pioneer e Fineco, ora è la volta di Yapi Credi. Dalla banca non commentano, ma il rumor, a cui da prassi non segue una replica da piazza Gae Aulenti, trova solidi fondamenti in quella che è la strategia di Jean Pierre Mustier e nel momento di estrema difficoltà che sta attraversando l’economia turca, Paese in cui lira è finita preda di una forte spirale di svalutazioni sul mercato dei cambi. E così la Borsa che è tornata “confident” sui titoli bancari, grazie allo scatto nella normalizzazione dello spread sulla scia della risoluzione della crisi politica italiana, ha fatto partire gli acquisti sul titolo UniCredit, apprezzando l'idea di un riassetto delle attività nel Paese: +1,76% a 9,89 euro a fine seduta. Al contrario a Istanbul, come previsto dagli analisti che hanno sottolineato come la controllante italiana costituisca un solido asset a monte, il titolo Yapi Kredi ha perso il 5,98% a 2,36 lire turche (0,36 euro).

Banca Unicredit
 

Secondo quanto rivelato stamane infatti Bloomberg che ha citato fonti a conoscenza del dossier, il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier alle prese con un rafforzamento del capitale prima di varare il nuovo piano industriale (che sarà comunicato al mercato a inizio dicembre) starebbe valutando la vendita o la riduzione della sua quota all'interno della banca di Ankara Yapi Kredi.

Nel secondo trimestre UniCredit ha indicato un'esposizione infragruppo sulla Turchia di 1,8 miliardi di euro di capitale nonché 22,5 miliardi di euro di attività ponderate per il rischio (Risk-Weighted Assets), con un rapporto CET1 implicito dell'8%.

"Quindi se l'esposizione turca fosse completamente rimossa UniCredit avrebbe un proforma CET1 ratio del 12,3% rispetto al 12,1% riportato" osservano gli analisti di Keefe, Bruyette and Woods. Propedeutica a questa mission, sarebbe l’assunzione del controllo diretto della sua partecipazione, aprendo poi la strada a una potenziale cessione.

Mustier
 

L'ipotesi, al centro dei colloqui tra UniCredit e il partner turco Koc Holding (controllato dalla famiglia più ricca del Paese i Koc), infatti potrebbe portare a una riorganizzazione della loro joint venture Koc Financial Services holding che detiene quasi l'82% di Yapi Kredi ( Il restante 18,1% è quotato alla Borsa di Istanbul). Configurazione che risale a fine 2002 quando il gruppo allora guidato da Alessandro Profumo aveva messo le basi per la forte espansione oltre confine.

Koc Financial Service era inizialmente entrata nel capitale di Yapi Kredi con una quota del 57% acquistato per una quota del 44,53% da Cukurova e per il restante 12,89% dal Fondo nazionale di garanzia sui depositi (Savings deposits and insurance fund, o Sdif), valorizzando l'intero capitale 2,05 miliardi. Secondo Citi, alla fine del 2018 il business value della partecipazione era di 1,3 miliardi di euro (dopo una svalutazione nel terzo trimestre 2018 della partecipazione). 

UniCredit potrebbe uscire dalla jv e assumere il controllo diretto della sua quota del 41%, acquisendo una maggiore flessibilità strategica rendendo in questo modo più agevole l'eventuale dismissione liberando capitale. Cessione che per gli esperti di di Keefe, Bruyette and Woods, nonostante la Turchia rappresenti in media il 2% delle entrate e il 10% degli utili della controllante degli ultimi 2 anni, oltre a ridurre "il costo del patrimonio netto del gruppo, fornirebbe alla banca italiana anche una maggiore riserva di capitale per la ristrutturazione e gli impatti normativi nel prossimo piano, nonostante la potenziale perdita di guadagno".

twitter11@andreadeugeni

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