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Economia
Unipol Banca, la grana di Cimbri: cosa c'è dietro il blitz in salsa emiliana

Di Luca Spoldi

Bper Banca resta sotto i riflettori a Piazza Affari, complici tre operazioni straordinarie (due acquisizioni e un’alleanza di bancassurance) che potrebbero vedere la luce già nelle prossime settimane. Per fine mese è infatti atteso il via libera della Commissione Ue all’acquisto di CariFerrara, ultima delle “good bank” (ma non troppo) da accasare dopo l’acquisto da parte di Ubi Banca di Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti per 1 euro simbolico.

Il Cda di Bper Banca dovrebbe inoltre formalizzare, a fine mese, la seconda operazione, che riguarderà il settore del risparmio gestito, campo che interessa molto all’istituto emiliano che di recente ha nominato Fabrizio Greco, ex Banca Euromobiliare ed ex Ersel, quale responsabile della divisione wealth e investment management a partire dal prossimo primo luglio. Si tratta di un’offerta congiunga con Banca popolare di Sondrio sul 20% complessivo di Arca Fondi in mano a Bpvi e Veneto Banca, da parte loro in cerca di ulteriori fondi per venire incontro alle richieste delle autorità europee cui spetta di decidere circa il via libera o meno alla ricapitalizzazione preventiva delle due ex popolari venete. 

Se, come sembra, si andrà ad una ripartizione paritetica Bper Banca salirebbe dall’attuale 32,7% al 52,7% divenendo il socio di controllo di Arca Fondi (dei cui 31 miliardi di patrimonio in gestione circa 8 fanno riferimento alla banca emiliana), mentre Banca popolare di Sondrio salirebbe al 41,1%. Secondo Equita Sim in questo caso a fronte di una valutazione di Arca Fondi attorno ai 490 milioni (16 volte il rapporto prezzo/utili) Bper Banca registrerebbe un impatto negativo sul CeT1 di almeno lo 0,3%, vedendolo calare da 13,3% al 13% a fine anno, mentre Banca popolare di Sondrio dello 0,41% (Cet1 da 11% a 10,6% nel 2017).

A questi termini, notano gli analisti, l’operazione consentirebbe a Bper Banca di mantenere una “sufficiente flessibilità strategica sulle esposizioni verso crediti deteriorati” (Npl), tema sensibilissimo per tutto il settore finanziario italiano e la cui soluzione costituisce una premessa al pieno sviluppo di una partnership di bancassurnace con Unipol, salita nelle ultime settimane appena sotto la soglia del 10% nel capitale di Bper Banca.

In questo caso il pallino è in mano a Carlo Cimbri, al momento intento a trovare un’intesa su un futuro patto di consultazione con un “nocciolino duro” di fondazioni bancarie (tra cui Fondazione di Sardegna, socia al 3,01%) cui farebbe capo un ulteriore 10% circa di capitale. Cimbri vorrebbe trovare al più presto una soluzione per rilanciare la redditività di Bper Banca che, come ha dichiarato egli stesso, non può al momento soddisfarlo.

Nei primi tre mesi dell’anno, infatti, l’istituto nonostante un lieve miglioramento del risultato di gestione, è salito a 191,34 milioni di euro (+0,5% rispetto allo stesso periodo del 2016) ha accusato un calo del margine d’interesse (-2,9%) che si è riflesso sulla redditività operativa (-0,9%, a 500,77 milioni di euro). La partnership tra Unipol e Bper Banca assumerebbe dunque una valenza sicuramente industriale, ma forse anche strategica. Industriale perché dopo 8-9 di accordi in essere per la vendita delle polizze Unipol sulla rete Bper e forti dei 4,5 miliardi di polizze collocate solo nel ramo Vita, sia la banca sia la compagnia puntano ora a crescere “molto” anche nei Danni.

Strategica perché il nuovo polo di bancassurance sarebbe fondato su un modello innovativo, che alla “tradizionale” distribuzione di polizze tramite sportelli bancari affiancherebbe un’integrazione spinta di canali e attori, così da avere un migliore controllo sui margini reddituali e sulle economie di scala. Un modello che potrebbe imperniarsi su Arca Vita, di cui Unipol è primo socio col 63% davanti proprio a Bper (19%, mentre Banca popolare di Sondrio è al 15%) e i cui accordi sono in scadenza nel 2019. Arca Vita potrebbe essere il nuovo cavallo su cui puntare per Cimbri anche in considerazione della probabile dissoluzione (in modo amichevole) dell’accordo con Banco Bpm, in scadenza già a giugno e che Cimbri ritiene non vi siano le condizioni per rinnovare.

Attualmente il 50% in mano all’istituto lombardo è in bilancio a 300 milioni di euro, mentre Unipol vorrebbe spuntare qualcosa di più, attorno ai 500 milioni. Soldi preziosi per riuscire a foraggiare la prevista “bad bank” interna destinata a ripulire gli Npl (ma anche gli “unlike to pay”, ossia i crediti dubbi) di Unipol Banca senza dover lanciare un aumento di capitale. L’operazione di ripulitura di Unipol Banca appare a sua volta un prerequisito indispensabile per valutare in futuro un coinvolgimento anche di Unipol Banca nel “matrimonio all’emiliana”, come hanno sottolineato anche gli analisti di Mediobanca (gruppo storicamente molto vicino a Unipol), secondo cui l’operazione avrebbe senso, per Bper Banca, solo se la bad bank in questione si facesse carico di oltre il 50% degli Npl esistenti.

In questo modo, infatti, Vandelli potrebbe vedere rapidamente estesi i modelli di rating interno Airb di Unipol Banca e il riconoscimento di almeno il 50% del “badwill” (avviamento negativo) le permetteranno di evitare un ulteriore e consistente calo del Cet1. Alla fine, secondo gli esperti di Piazzetta Cuccia, una simile operazione rischierebbe di essere “leggermente diluitiva” in termini di utili anche in presenza di “ipotesi rosee sui profitti futuri di Unipol Banca”. Motivo di più per non affrontare subito l’argomento e lasciarlo a un secondo tempo, magari quando l’ipotesi di un integrazione con Creval, a sua volta colpita nei primi tre mesi dell’anno da un calo del 7,2% del margine d’interessi e dell’1,35% degli utili operativi, a fronte di Npl in calo e un Cet1 dell’11,6%, tornasse ad acquisire maggiore concretezza.

 

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