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Economia
Usa-Cina, Trump minaccia dazi per 400 mld. Donald può inguaiare l'amico Conte

di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni

Era l’8 marzo quando il presidente americano Donald Trump firmò i documenti per legalizzare dazi doganali del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio, dichiarando però di voler mantenere una certa flessibilità nei confronti di paesi “amici”, ossia di coloro che avessero acconsentito a riequilibrare il disavanzo di bilancia commerciale con gli Stati Uniti. Il giorno prima l’indice Msci World che sintetizza l’andamento delle principali borse azionarie mondiali valeva 2.115,98 punti.

container
 

Da quel momento tra accelerazioni e frenate Trump ha finito col varare i dazi sia nei confronti dell’Unione europea sia della Cina, minacciandone di ulteriori: le ultime “bordate” sono state lanciate nell’ultima settimana, prima con l’approvazione di una lista di importazioni cinesi del valore di 50 miliardi di dollari sulle quali sono stati varati dazi del 25%, poi con la richiesta al Dipartimento per il Commercio americano di preparare un’ulteriore lista di merci “made in China” per un controvalore complessivo di 200 miliardi di dollari sulle quali far scattare un dazio del 10%.

Il tutto premurandosi di avvertire il presidente cinese Xi Jinping che nel caso in cui Pechino, come ha già minacciato, applicasse a sua volta dazi su importazioni americane di pari importo, il valore delle merci colpite dai dazi a stelle e strisce raddoppierebbe a 400 miliardi, per un totale di 450 miliardi di scambi commerciali colpiti (ossia praticamente l’intero import dalla Cina negli Usa, visto che a quel punto resterebbero esclusi dai dazi merci per circa 55 miliardi di dollari in tutto).

trump xi jiping
 

"La guerra dei dazi si scalda ulteriormente", sottolineano gli economisti di Intesa Sanpaolo. Per gli esperti "la strategia aggressiva dell'amministrazione Trump sembra voler portare la Cina a restare senza munizioni in questa guerra dei dazi. Infatti, le importazioni americane dal Paese asiatico sono pari a circa 500 miliardi di dollari annui, mentre quelle cinesi dagli Usa sono circa 130 miliardi".

Nel frattempo il Congresso Usa ha inserito in un disegno di legge di finanziamento della difesa un articolo che bloccherebbe la vendita di parti a Zte, aggirando la decisione di Trump di permettere la fornitura all'azienda cinese in base ad accordi presi con il presidente cinese. L'inquilino della Casa Bianca cerchera' di convincere il Congresso a eliminare dalla legge i riferimenti a Zte, non potendo porre il veto sul disegno di legge nel suo complesso. Il livello delle tensioni tra Usa e Cina sembra destinato a salire nel corso dei prossimi giorni "ma siamo dell'idea che la strategia di Trump rimanga sempre quella di alzare la posta allo scopo di trovare un accordo" con Pechino "entro la fine dell'estate da valorizzare nelle elezioni di metà mandato, che si terranno il 6 novembre", concludono gli strategist di Mps Capital Services.

Nel frattempo, ad ogni singola “bordata” di Trump le borsa hano reagito con nervosismo, ma nel complesso finora hanno retto, tanto che oggi l’indice Msci World vale 2.125,79 punti, il 4,6% più dell’8 marzo scorso. Andando a vedere le singole borse, si nota che Wall Street è salita dell’1,3%, due listini storicamente “sensibili” all’andamento dele esportazioni come Tokyo (che ha guadagnato il 4,8%) e Francoforte (+3,5% circa) hanno fatto ancora meglio della borsa americana, al contrario di Shanghai, che ha perso oltre l’11% tornando sui minimi dallo scorso agosto.

(Segue...)

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