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Economia
Usa, l'American First fa male agli States. Crisi finanziaria dietro l'angolo
Foto LaPresse

Nonostante siano trascorsi quasi due anni dalla sua elezione, Donald Trump resta per molti investitori un “oggetto misterioso”. Le sue ultime mosse in materia di commercio internazionale, ad esempio, possono essere lette in due modi diametralmente opposti tra loro: da una parte Trump appare essere il classico politico populista, interessato unicamente a proporre “soluzioni” apparentemente semplici a problemi complessi, così da garantirsi il massimo tornaconto elettorale.

Trump firma ape 3LaPresse
 

In questo senso “America First” è uno slogan elettorale di grande successo, nonostante muri, dazi e barriere doganali non siano una risposta efficace nel lungo periodo per sostenere la crescita ed anzi, generando potenzialmente guerre commerciali, possano portare ad un incremento dei prezzi e contemporaneamente un calo dei consumi (per via della riduzione dell’offerta di beni di consumo e intermedi), indurre così un’accelerazione del processo di graduale normalizzazione delle politiche monetarie, in primis della Federal Reserve, e così contribuire a porre definitivamente fine alla più lunga fase di ripresa economica dal dopoguerra ad oggi.

D’altra parte Trump sa bene che gli Stati Uniti restano il principale paese importatore al mondo e nonostante negli ultimi 15 anni gli squilibri si siano sensibilmente ridotti, in un confronto “muscolare” con la Cina e con l’Europa sono queste ultime che hanno maggiormente da perdere in una guerra a colpi di dazi commerciali.

trump macron merkel
 

Così se l’Europa e, più difficilmente, la Cina dovessero alla fine sedersi al tavolo delle trattative e proporre misure per riequilibrare sensibilmente le loro esportazioni nette verso gli Stati Uniti, varando al contempo misure per favorire la crescita della domanda interna, i dazi potrebbero essere completamente eliminati da ambo le parti e Trump potrebbe persino passare alla storia come il più grande “liberalizzatore” della storia moderna.

Corollario di uno scenario così è che la volatilità sui mercati è destinata ad aumentare ulteriormente e il rischio di una correzione significativa cresce, come ha ricordato un investitore esperto come l’81enne Mark Mobius, ex presidente esecutivo di Templeton Emerging Markets Group e dal marzo scorso founder di Mobius Capital Partners, secondo cui “senza dubbio vedremo presto o tardi una crisi finanziaria perché dobbiamo ricordare che stiamo uscendo da un periodo di denaro a buon mercato. Ci sarà una vera stretta per molte di queste società che dipendono da denaro a buon mercato per andare avanti”.

xi jinping
 

L’ondata di dazi decisa da Trump e le ritorsioni che potrebbero essere decise da Cina, Europa e altri paesi secondo Mobius rischiano di portare a una correzione di almeno il 10% delle borse, a partire dai mercati emergenti, col rischio di generare infine una nuova crisi finanziaria negli Stati Uniti e nel resto del mondo, un poco come avvenne già nel 2008. La buona notizia è che sempre per Mobius la crisi finirà col rivelarsi una importante occasione d’acquisto per chi saprà aspettare il momento giusto e non avrà particolari problemi a mantenere gli investimenti per un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.

juncker ape
 

Più ottimisti appaiono gli analisti di Ubs, convinti che la situazione di tensione venutasi a creare sui mercati a causa della politica commerciale aggressiva dell’amministrazione Trump abbia già fatto emergere alcune interessanti opportunità, quanto meno in termini di trading: con la correzione dei mercati emergenti di queste ultime settimane sono emerse opportunità in vari settori “tra cui quello dei beni di consumo, l’e-commerce e il comparto finanziario”, sostiene Geoffrey Wong, Head of Emerging Markets and Asia Pacific Equities di Ubs Asset Management. Opportunità che non sono limitate ai mercati azionari emergenti, peraltro: secondo Charlotte Baenninger, Head of Fixed Income di Ubs Asset Management si continuano a trovare “interessanti opportunità di investimento nel mercato attuale: su base risk-adjusted, il credito a scadenza breve è interessante, dato l’aumento dei tassi front-end statunitensi, così come gli asset cartolarizzati che, oltre a vantaggi di diversificazione, offrono anche un miglioramento dei rendimenti”.

(Segue...)

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