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Economia
Whirlpool, Governo in un cul de sac. Ormai mission quasi impossible

Dal Mise avevano fatto sapere che, dopo l’incontro di oggi fra Governo e Whirlpool a Palazzo Chigi che non ha portato ad alcuna soluzione, la crisi dello stabilimento di Napoli della multinazionale americana avrebbe dovuto essere stata sul tavolo del consiglio dei ministri di stasera. Appuntamento che, però, si preannunciava già affollato per il varo del Documento programmatico di bilancio da inviare entro la mezzanotte a Bruxelles. E così nel tardo pomeriggio il dossier è stato depennato dall'ordine del giorno. Segno che il file non è di facile risoluzione. 

Al termine dell’incontro di questa mattina, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha minacciato il gruppo statunitense che “se Whirlpool continuerà ad avere un atteggiamento di scelte unilaterali anche il Governo farà le sue scelte unilaterali”.

Whirlpool
 

Peccato che subito dopo le parole del numero uno del Mise, l’azienda non solo non ha fatto retromarcia ma ha comunicato di voler “procedere alla cessazione dell'attività produttiva, con decorrenza primo novembre 2019”. Di fatto un’apertura di una procedura di licenziamento collettivo per cessazione dal primo di novembre. Al di là del tono intimidatorio di Patuanelli (“il livello di attenzione del Governo nella sua interezza su questo stabilimento è esemplificativo di situazioni che non vogliamo che si ripetano: pensare che ci siano comportamenti predatori all'interno del tessuto produttivo italiano per noi non è accettabile”, ha detto) oltre ad averlo fatto per il momento con i sindacati, gli americani della Whirlpool hanno spuntato le unghie anche al Governo.

Al netto infatti di provare ulteriori disperate convocazioni (che dal Mise prima dell'ultimo nulla di fatto avevano escluso finchè non fosseì cambiata la posizione del gruppo), il Governo, spiega ad Affaritaliani.it chi sta seguendo da vicino la trattativa, ha subito un problema di ammortizzatori sociali. Deve cioè trovare le coperture finanziare per accompagnare ulteriori azioni unilaterali da parte della multinazionale a stelle e strisce. 

Secondo, l’accordo di ottobre 2018 esplicitamente metteva a disposizione dell’azienda e dei lavoratori l’ammortizzatore del contratto di solidarietà a fronte però del ritiro della procedura di licenziamenti collettivi dichiarati di 800 persone.

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Ora, l’azienda vuole andare avanti nella dismissione-cessione ma serviranno sempre i contratti di solidarietà per mantenere al lavoro oltre 400 operai. Se l’azienda chiuderà Napoli come ha fatto sapere, stabilimento che fa parte del gruppo, di fatto Whirlpool farà saltare anche l’accordo dello scorso anno perché dal punto di vista formale non può essere tenuto in vita con un contratto di solidarietà a fronte di licenziamenti.

Quindi, i numeri effettivi pre-accordo sono quelli di 800 esuberi. Un conto che fa salire gli esuberi di 400 unità, monte esuberi gestiti con la solidarietà e con li esodi volontari. Infine, se le “scelte unilaterali” di Patuanelli saranno, come aveva minacciato a giugno l'ex inquilino del Mise Di Maio, quelle della revoca degli incentivi concessi dall’Italia al gruppo degli elettrodomestici, le minacce, spiega la fonte, sarebbero di scarso appeal perché dal 2014 a oggi la Whirlpool ha ricevuto in tutto 27 milioni di euro di fondi pubblici. Nel caso il Mise decidesse poi di richiedere indietro anche i soldi concessi in ammortizzatori sociali non farebbe che peggiorare il quadro congiunturale e, a cascata, la situazione dei lavoratori. Insomma, quasi un cul de sac.

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