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Economia
XXIII Rapporto sull’economia globale: Italia a rischio crisi nel lungo periodo

UBI Banca, in partnership con il Centro Einaudi, promuove la diffusione del “Rapporto sull’economia Globale e l’Italia”, un’occasione importante per approfondire temi di portata globale riguardo all’economia e alle relazioni tra Stati, che hanno diretti impatti sulla vita quotidiana delle persone e sulle prospettive per le attuali e per le future generazioni. Il XXIII Rapporto, curato dal professor Mario Deaglio ed edito da Guerini e Associati, è stato presentato questa mattina a Milano.

“Il mondo cambia pelle?”: questo il titolo del XXIII Rapporto che sta a significare un cambiamento di carattere generale dove i parametri nei quali siamo cresciuti stanno saltando e dove è sempre più difficile prevedere cosa succederà. Il Rapporto restituisce uno scenario dove non sono solo l’Italia e l’Europa a cambiare pelle, ma tutto l’Occidente, sempre più caratterizzato da fratture. Fratture politiche, come quella tra America ed Europa con il venir meno dell’Unità atlantica o come quella dell’Inghilterra post-Brexit; fratture fisiche come quella sancita dal crollo del Ponte di Genova; per finire, fratture sociali come quella provocata dalle manifestazioni dei gilet gialli in Francia.

Le previsioni per il futuro non sono rosee: la crescita degli ultimi anni mostra segni di stanchezza. A mettere in guardia è l’andamento economico degli Stati Uniti, prima potenza mondiale, che vede crescere a dismisura il proprio debito parallelamente a un ristagno del PIL e a una crisi dei salari. Ma a fare paura è anche il rallentamento tedesco, partito due trimestri fa dal settore dell’auto, che oggi colpisce tutti i settori. Anche le cosiddette new industry non sembrano passarsela bene, basti considerare il calo di Google in Borsa con un -14,27%.

Oltre a ciò, si consideri che tra pochi anni la popolazione indiana supererà quella cinese e nel 2060 la nigeriana supererà l’europea. Da ciò deriverà un cambio importante nei rapporti di forza tra Paesi.

XXIII Rapporto sull’Economia globale e l’Italia: l’anno “horribilis” dell’Europa

La situazione dell’Italia all’interno del contesto globale non è anomala, anzi segue la tendenza al rallentamento generale. Il “XXIII Rapporto sull’Economia globale e l’Italia” restituisce la prospettiva di una possibile crisi le cui cause sono da far risalire ad alcuni fattori globali emergenti, come lo scontro sul libero commercio, la tendenza a crescere dei tassi e dei rendimenti verso livelli storici, nonché la diffusione dei populismi che tendono a disincentivare la crescita e spingono a un consolidamento dello status quo.

Per l’Europa il 2018 è stato un anno “horribilis”, che potrebbe non essere nemmeno il peggiore a venire. Proteste in Francia, Brexit, bassa produttività economica, obsolescenza delle banche sotto il profilo tecnologico, bassi tassi demografici, bassi livelli di occupazione hanno creato una situazione di stallo e relegato il continente ai margini della discussione globale.

Sono diminuite le disuguaglianze tra Paesi, ma aumentate quelle interne. La classe media tende oggi a spaccarsi con ricchi sempre più ricchi e poveri in aumento. Anche il fenomeno dell’invecchiamento demografico riguarda tutta l’Europa con una popolazione mediana che va dai 38 anni del 2002 ai 42 e mezzo del 2017. Da qui la minor propensione al rischio e una maggiore tendenza al consolidamento che toglie ai Paesi la forza di innovare.

XXIII Rapporto sull’Economia globale e l’Italia: il nostro è un Paese che cammina ma non corre

Dopo la crisi del 2008, nel 2015 si è tornati a tassi di crescita positivi. Stando al Rapporto ciò è dipeso da forti investimenti, da una bilancia commerciale in attivo e dalla ripresa dei consumi. “Siamo sopravvissuti alla crisi grazie alla resilienza delle famiglie (determinata, a sua volta, da un discreto ammontare di risparmio privato)”, ha spiegato il Professor Deaglio, “ma anche grazie agli aiuti della BCE, al controllo dei conti pubblici, alla reattività dell’industria al cambiamento e alle riforme che hanno favorito gli investimenti esteri. Permane tuttavia un gap importante Italia-Europa sugli investimenti in innovazione”.

A oggi settori come finanza, assicurazioni, informatica e agricoltura contribuiscono a formare il PIL e sono a buoni livelli, ma l’industria è ben lontana dal recuperare i livelli pre-crisi. Buone le performance dell’export che nel nostro Paese non ha perso terreno e può essere ritenuto l’unico elemento distintivo nell’economia globale. Eppure si è assistito a una riconfigurazione dei prodotti esportati: dalla tecnologia all’ambito artistico (moda, design ecc.). Ciò, a detta di Deaglio, rappresenta una potenziale fragilità per il futuro. Emergono tuttavia alcuni settori di nicchia che crescono grazie all’export di oggetti esclusivi, quali apparecchi medicali, apparecchiature sportive, macchine per la lavorazione industriale, spesso prodotti da aziende italiane acquisite da società estere che hanno investito”.

Considerati questi fattori di rallentamento, per Deaglio non c’è un rischio di recessione immediato, quanto si ravvisano una serie di fattori che, se non corretti, potrebbero portare a una crisi di lungo periodo. Per esempio è manifesto un aumento allarmante della povertà assoluta e di quella relativa con un rischio povertà molto più alto rispetto alla media europea.

Intervistato da Affaritaliani.it, il Professor Deaglio ha aggiunto: “L’Italia è un paese malato che cammina ma non corre. Serve una visione di lungo periodo che manca alla totalità dell’orizzonte politico attuale. Su questa visione di lungo periodo urge aprire una discussione nazionale che ancora nessuno a oggi ha ancora avviato”.

Il pericolo per l’Italia non è immediato, secondo il parere di Deaglio. “Se si mantiene tra lo 0,6 e lo 0,9 il tasso di crescita, a parità di condizioni esterne, si potrà evitare la recessione. Ma occorrerà altresì incentivare la spesa pubblica. Una forte contrazione dei consumi per via dell’incertezza potrebbe essere molto pericolosa. Il reddito di cittadinanza, per esempio, non contribuisce all’aumento della spesa come altri provvedimenti potrebbero fare. Sul totale della domanda di consumi si stima che solo il 65% rimarrà in Italia. Grossa parte andrà all’estero. Sarebbe meglio, perché meno oneroso, ampliare il reddito di inclusione che già esiste”.

Per quanto riguarda lo spread: “non si avranno grossi effetti negativi fino all’autunno rispetto a quelli che già ci sono. Anche il risparmio delle famiglie per il momento tiene, soprattutto nelle famiglie over 40. Quanto all’aumento dell’Iva al 2020, tutte le simulazioni ci dicono che non è possibile evitarlo”.

XXIII Rapporto sull’Economia globale e l’Italia: sostenibilità il motore della ripresa

Come uscire dalla crisi? Il XXIII Rapporto suggerisce di ripensare le nostre economie a partire da modelli di sviluppo sostenibili che sanino il deterioramento ambientale e ne prevengano uno ulteriore.  

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