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Spettacoli
Belen alla Notte della Taranta toglie il sonno agli intellettuali salentini
Da Instagram

Altro che la Xylella, la disoccupazione galoppante e l’emigrazione giovanile di massa. L’assillo che turba i sonni degli intellettuali salentini riguarda Belen Rodriguez e (l’ex?) marito Stefano De Martino che presenteranno il concertone finale della prossima Notte della Taranta, in programma il 24 agosto a Melpignano e in diretta Tv su Raidue.

L’hanno chiamato “Appello alla dignità”. Nientedimeno. E che non si tratta di polemiche da ombrellone, tra una briscola e un mojito, lo capisci subito dal tono grave e solenne con il quale un gruppo d’intellettuali, docenti universitari e artisti ha scritto alla Fondazione Notte della Taranta accusata di avere tolto «dignità ad una manifestazione che è stata unico e speciale luogo di studio e di (re)invenzione della tradizione musicale salentina, di metissage culturale e sociale, di coinvolgimento della comunità locale e di lavoro scrupoloso sulle fonti della cultura popolare».

Il tutto perché quei buontemponi della Fondazione si sono messi in casa Belen&Stefano, la coppia glamour del gossip nazionalpopolare. Il documento è stato sottoscritto da diciotto firmatari. In testa il professore Andrea Carlino, docente di Storia della Medicina presso l’Università di Ginevra e ideatore dell’iniziativa.

«Ci chiediamo perché», declamano i sottoscrittori, «questa paziente costruzione, questo meraviglioso progetto creativo culturale, sociale e politico, debba ora infrangersi vendendo l'anima del Salento al gossip, al trash, al populismo, all’acchiappa audience e all’acchiappa chiappe?». E sulle “chiappe”, non proprio lessico da accademici, si potrebbe pure intravedere un certo sottile maschilismo verso la showgirl argentina (ma le femministe del #MeToo dove sono finite? Sono già tutte in vacanza?).

Gli intellettuali finiscono con un tocco morbido: «Non esprimiamo, sia chiaro, nessuna critica sulle scelte mercantili o artistiche di Raidue» (e menomale che si astengono dal giudizio!) ma «la Fondazione Notte della Taranta, il suo presidente, il suo consiglio di amministrazione, il suo consiglio scientifico, perché assecondano anzi sono complici della trasformazione commerciale e sanremese del Concertone? Perché?».

Agli intellò salentini il popolo proprio non va giù, un po’ come il maître à penser francese, Bernard Henry Levy, che criticava i gilet gialli e a precisa domanda di un giornalista: «È mai sceso in strada per parlare con loro?» rispose: «No, faceva troppo freddo».

Figuriamoci scendere in piazza a Melpignano, sotto il solleone di agosto, tra afrori di sudore e canotte madide di vino. Se il popolo puzza d’inverno a Parigi, figuriamoci d’estate nel profondo Sud.

Forse ai sottoscrittori dell’appello sfugge anche un altro particolare, che la Notte della Taranta non è e non è mai stata un seminario per pochi, scelti e illuminati cattedratici d’alto rango ma un fenomeno popolare, di massa, che da più di vent’anni porta in piazza migliaia di persone che vogliono semplicemente ballare, cantare e divertirsi. E dimenticano, inoltre, che il fenomeno del tarantismo è nato durante la festa dei Santi Pietro e Paolo a Galatina. E cosa c’è di più popolare delle feste patronali che richiamano migliaia di persone? Senza dimenticare che il fenomeno delle tarantolate riguardava le classi sociali più umili che esprimevano il male dell’anima attraverso il pretesto della puntura del ragno. Fenomeno sul quale, meritoriamente, mise gli occhi l’antropologo Ernesto De Martino, intellettuale di sinistra non a caso, che accorse a studiarlo sul campo perché lo giudicò straordinariamente interessante dal punto di vista simbolico, religioso e sociale proprio perché da quel rituale magico e propiziatorio passava il riscatto delle classi subalterne.

Se c’è un merito che va riconosciuto alla Fondazione della Notte della Taranta è stato quello di essere riuscita, in questi anni, a far conoscere, senza snaturare troppo, un patrimonio autenticamente popolare. Se avessero fatto solo seminari di studi a porte chiuse sarebbe stato più efficace?

E poi, diciamolo, non se ne può più di questi intellò sempre «contro», che non leggono nulla ma firmano tutto: appelli, manifesti, j’accuse, lettere aperte. In nome, ça va sans dire, della purezza e dell’ortodossia. Sì, ma di cosa?

Se arriva Raidue a trasmettere in diretta il Concertone non c’è che essere contenti, no? E se le esigenze televisive della diretta su un canale generalista sono quelle che sono, qual è il problema? Perché, di grazia, i due bellocci sarebbero addirittura un attentato alla «dignità» del Concertone e metterebbero in pericolo «la tradizione musicale salentina, il metissage culturale e sociale» (e qui sembra già di sentire Riotta a Cortina Incontra)?

Dicono che no, non si può assistere inerti alla «trasformazione commerciale e sanremese» del Concertone come se Sanremo fosse il male assoluto e non il Festival per eccellenza della canzone italiana.

Anche perché, se proprio vogliamo polemizzare con chi non riesce a esaltare il Salento per quel che è, dovremmo anche prendercela con chi ha chiamato le sue spiagge scimmiottando i nomi di altri posti: le Maldive del Salento, la California del Sud, eccetera. Complesso d’inferiorità? Può darsi. Ma che facciamo, cari intellò, scriviamo un appello a settimana contro i gestori dei lidi?

Per la cronaca: la Fondazione della Notte della Taranta in una nota ha assicurato che «Belen e Stefano De Martino non saranno sul palco del Concertone ma commenteranno la diretta da ospiti del backstage come già dichiarato ufficialmente dal direttore di Rete Carlo Freccero».

Come a dire, prima li facciamo venire e poi non li facciamo vedere troppo. Intanto che gli intellettuali predicano, domandano e s’indignano, a ballare in piazza con i tamburelli ci pensano gli ignoranti, che anziché leggere Kant guardano il trash e s’ingozzano di tarallini e di Negramaro. Ecco, ma siamo così sicuvi che costovo abbiano anche il divitto di voto?

 

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