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Esteri
Bahrein Israele, storico vertice con Pompeo
(fonte Lapresse)

Dopo la storica visita in Israele di una delegazione emiratina, ora e' il turno del Bahrein, il secondo Paese del Golfo ad aver normalizzato i rapporti con lo Stato ebraico: il ministro degli Esteri di Manama, Abdullatif al-Zayani, e' arrivato a Tel Aviv per un incontro con i vertici israeliani. Ai colloqui ha partecipato anche un ospite d'eccezione, il segretario di Stato americano Mike Pompeo, che ha colto l'occasione per tornare ad attaccare l'Iran. Dopo aver incontrato il collega israeliano, Gabi Ashkenazi, e il presidente israeliano, Reuven Rivlin, Zayani ha visto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, insieme al capo della diplomazia americana. Un'occasione per ribadire "l'alba di pace" che attende "l'intero Medio Oriente" grazie agli Accordi di Abramo firmati lo scorso settembre alla Casa Bianca. L'intesa, che ha stabilito la normalizzazione dei rapporti di Emirati e Bahrein con Israele, non sarebbe mai stata raggiunta senza il "sostegno cruciale e la leadership del presidente Trump", ha sottolineato Netanyahu, ringraziando Pompeo per "l'amicizia incrollabile" e chiedendogli di trasmettere al capo della Casa Bianca il "profondo apprezzamento per tutto cio' che lui e la sua amministrazione hanno fatto per lo Stato di Israele e per la pace". Una pace che per essere raggiunta deve vedere risolto il conflitto israelo-palestinese, ha ricordato Zayani, esortando "entrambe le parti a tornare al tavolo dei negoziati per arrivare a una soluzione dei due Stati sostenibile come vuole anche la comunita' internazionale". Da parte sua, Pompeo ha messo l'accento sulle "meravigliose opportunita' per il commercio e lo sviluppo economico" che si aprono grazie agli Accordi di Abramo, ma non ha mancato di puntare il dito contro l'arci-nemico dell'amministrazione Trump, di Israele e degli stessi Paesi del Golfo: l'Iran. "Questi accordi dicono anche ad attori malvagi come la Repubblica islamica dell'Iran che la loro influenza nella regione sta diminuendo e che sono sempre piu' isolati e lo saranno finche' non cambieranno direzione", ha scandito il capo della diplomazia Usa.

La minaccia iraniana e' stata evocata anche da Netanyahu, dopo che nella notte caccia israeliani hanno bombardato otto obiettivi in Siria riconducibili alle forze iraniane di al Quds, facendo una decina di morti; una rappresaglia per l'ordigno esplosivo trovato ieri vicino a una base israeliana nelle Alture del Golan occupate. Le forze armate dello Stato ebraico hanno anche diffuso immagini dell'attacco, una mossa inusuale dal momento che Israele solitamente non commenta ne' rivendica la responsabilita' di simili attacchi. "Non permetteremo all'Iran di stabilirsi militarmente in Siria contro di noi e non permetteremo nessun tentativo di attaccarci da li'", ha avvertito il premier, facendo eco alle parole pronunciate dal ministro della Difesa israeliano e premier alternato, Benny Gantz, che in mattinata ha ricordato al governo siriano che sta a lui la responsabilita' "per ogni aggressione condotto dal suo territorio". Intanto, da Ginevra, un rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia nucleare (Aiea) ha denunciato che la Repubblica islamica ha cominciato a caricare esafluoruro di uranio nelle centrifughe avanzate IR-2m per l'arricchimento dell'uranio installate nella sua centrale sotterranea di Natanz (il sito colpito nel luglio scorso da una misteriosa esplosione). Si tratta dell'ennesima violazione da parte di Teheran dell'accordo internazionale sul nucleare firmato nel 2015, dopo la recente denuncia che il livello delle scorte di uranio arricchito sono oltre 12 volte quello consentito. Una situazione che l'amministrazione Usa continua a contrastare con tutti i mezzi, a cominciare dalle sanzioni. Il dipartimento del Tesoro ha annunciato l'imposizione di nuove misure restrittive nei confronti di decine di individui ed enti legati all'Iran, tra cui il ministro dell'Intelligence, Mahmoud Alavi, e la fondazione Bonyad Mostazafan controllata dalla guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, e raggruppante circa 160 partecipate in settori chiave dell'economia iraniana, tra cui finanza, energia, edilizia ed estrazione mineraria. Ma l'opzione militare e' sempre sul tavolo di Trump: la stampa americana ha rivelato che la settimana scorsa il presidente uscente, a due mesi dalla fine del mandato, ha ipotizzato di lanciare un attacco contro il principale sito nucleare nella Repubblica islamica, ma e' stato dissuaso dai suoi piu' stretti consiglieri per il timore di innescare un ampio conflitto nella regione del Golfo.

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