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Esteri
Clinton-Trump, quando la politica estera è la più sexy ...

di Roberto Preatoni

Il terzo e conclusivo dibattito per le elezioni presidenziali americane si è rivelato essere quello decisamente più interessante. Condotto in maniera quasi impeccabile da Chris Wallace di Fox News, quest'ultimo confronto tra Donald Trump ed Hillary Clinton è stato indubbiamente caratterizzato da toni più pacati di quelli espressi in precedenza. Nonostante la Clinton abbia intentato diversi attacchi, tutti incentrati sul piano personale e sul presunto sessismo di Trump, questi ha saputo controbattere con attacchi posizionati su un piano più politico e programmatico. Sui temi classici tipicamente americani quali aborto, immigrazione e secondo emendamento, ciascun candidato si è limitato a ricoprire il ruolo assegnatoli dal proprio schieramento politico, mentre su temi caldi quali le riforme economiche ed immigrazione Trump ha saputo essere più concreto laddove la Clinton pareva non riuscire ad andare al di là di dichiarazioni generiche e populiste.

Ma è sulla politica estera e più precisamente in merito alle relazioni USA-Russia che si è assistito agli scambi più interessanti. E' noto che Trump sia propenso ad una politica distensiva dichiarandosi pronto a stringere la mano a Putin così come che la Clinton su questo specifico tema sia più falco che colomba. Non ho potuto non notare una serie di cose che la Clinton ha dichiarato e che Trump, in qualità di candidato americano non ha colto come opportunità per affondare il coltello, ma che a me in qualità di commentatore europeo non sono sfuggite. Intenzionata a fare del "pericolo russo" uno dei suoi cavalli di battaglia per la corsa alla presidenza, nel botta e risposta con Trump la Clinton ha sollevato ancora una volta il tema del presunto spionaggio delle sue email private perpetrato da parte di non identificati hacker russi sotto l'egida del Cremlino, arrivando a dichiarare che simili operazioni di spionaggio rappresentino un attacco inammissibile.

E come per le altre volte, la Clinton non ha portato prove del coinvolgimento della Russia, citando come fonti ben 17 agenzie di intelligence tutte a suo dire concordi sul puntare il dito verso Vladimir Putin, evitando però accuratamente di farne i nomi. Fossi stato al posto di Trump le avrei fatto notare che negli ultimi 15 anni gli Stati Uniti hanno commesso le peggiori porcherie in materia di spionaggio ai danni anche degli alleati storici intesi come istituzioni e presidenze cosi' come ai danni degli stessi cittadini statunitensi. Trump si è lasciato sfuggire anche una seconda occasione di affondo quando la Clinton ha dichiarato di ritenere inammissibile che un presidente straniero (Vladimir Putin) abbia tentato di interferire nel processo di elezione democratica di un presidente, anche qui senza portare alcuna prova.

Trump avrebbe potuto farle notare che solo un giorno prima, Obama aveva servito un assist a Renzi dichiarando di essere favorevole al SI per il nostro prossimo referendum costituzionale. Forse la cosa non sarà così evidente, ma l'ingerenza in un processo democratico di un paese straniero in materia di riforma costituzionale è ben più grave dell'ingerenza nel processo di elezione di un presidente. Ancora una volta gli Stati Uniti pensano che sia normale l'applicazione di due pesi e due misure in tutti i processi che li vedono coinvolti e che sia sempre possibile passarla liscia. Forse sarebbe il caso che d'ora in poi la comunità internazionale, attraverso i propri rappresentanti istituzionali, cominciasse a smettere di perdonare questa abominevole disparità. Roberto Preatoni

Tags:
clinton trump terzo dibattito televisivopresidenziali usa 2016 clinton trump





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