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Esteri
Coronavirus, un italiano a Chongqing: "Apocalisse? Percezione occidentale"
Marco Bonaglia (secondo da destra) con la delegazione guidata dal direttore Di Minin del Galileo Galilei Institute all'Asia Europe Cooperation dialogue di Chongqing

Che cosa fai e da quanto sei in Cina? Mi chiamo Marco Bonaglia e sono un PhD candidate presso la Chongqing University, situata nella parte Occidentale del paese. Presso l’Università frequento un corso di Business Administration, mentre la mia ricerca è incentrata sul tema del management del turismo. Dallo scorso anno ho iniziato poi a collaborare con l’Istituto Galileo Galilei, centro di collaborazione accademica tra la Chongqing University e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa fondato nel 2007 e caso di eccellenza nelle relazioni tra Italia e Cina. Vivo in Cina dal 2017, quando ho vinto una borsa di studio dell’Hanban (Ministero dell’Educazione cinese) per frequentare un corso intensivo di lingua cinese presso la Jiaotong University di Chongqing. Fin da subito sono rimasto colpito dalle unicità culturali e storiche della città di Chongqing e dell’Ovest cinese. Amo Chongqing, un luogo unico e sorprendente, che mi accoglie ogni giorno con calore e rispetto.

Com'è la situazione a Chongqing?

A Chongqing la situazione è apparentemente sotto controllo, sicuramente meno grave rispetto all’epicentro della crisi, Wuhan. Al momento i numeri delle persone contagiate sono ancora molto bassi (211), se confrontati con quelli, molto più grandi, dei residenti nella intera Municipalità (oltre 30 milioni di persone). Non conosco personalmente persone malate, ma per quanto riguarda gli studenti italiani siamo in costante contatto con il Consolato italiano a Chongqing, che fornisce un ottimo sostegno e che sta lavorando con le autorità cinesi. Nelle ultime settimane i controlli si sono intensificati, così come le persone sono diventate molto più sensibili al problema, indossando mascherine e rimanendo spesso chiuse in casa. Gli ultimi giorni a Chongqing sono stati per me molto tranquilli: vivendo all’interno del campus della Chongqing University, praticamente deserto per la pausa del Capodanno, mi sono sentito abbastanza al sicuro.

Da quando hai capito che la situazione era grave?

Vorrei fare una premessa: la situazione in Cina è da monitorare con attenzione, soprattutto a Wuhan, ma non è presente un senso di imminente apocalisse come viene descritta dai media italiani e occidentali. La Cina sta reagendo con forza, impiegando risorse umane ed economiche importanti. Diciamo che ho preso consapevolezza del problema all’inizio dell’anno, ma ho cercato subito di proteggermi e di aiutare gli amici cinesi. Sono ottimista perché la forza del popolo cinese sta nella pazienza, nella fiducia nel futuro, e nel lavoro collettivo per il bene comune.

Ritieni ci sia stato qualche ritardo nelle comunicazioni da parte dell'autorità?

Ho innanzitutto ricevuto il pieno sostegno dei miei colleghi del Galileo, persone di grande spessore che mi hanno aiutato ogni giorno degli ultimi quattro mesi. Come PhD student ho poi come riferimento l’ufficio di relazioni internazionali della mia Università, che è stato attivo e ha comunicato in modo tempestivo le informazioni. Sono persone professionali, che parlano molto bene inglese, e con cui ho avuto modo di sviluppare un rapporto di reciproca fiducia, molto importante in Cina. Chongqing è “Cina profonda”, e l’ambiente è molto diverso rispetto alle megalopoli di Beijing e Shanghai, in cui è presente un nutrito gruppo di stranieri. Per vivere a Chongqing è fondamentale capire e saper parlare il cinese, magari avendo già esperienze pregresse di Cina per ottenere risultati concreti. Non esistono molti media in lingua inglese a Chongqing, ed è importante monitorare anche il “Pengyou Quan”, il cerchio di amici di Wechat, l’app indispensabile per vivere in Cina. A volte è più efficace leggere i post degli amici che aspettare informazioni ufficiali, per rimanere costantemente aggiornati sulla situazione locale.

Tornerai in Cina?

Dal 2008, quando ho deciso di studiare cinese in Università, la Cina è parte integrante della mia vita, sia personale che lavorativa. Conoscere il Paese, visitarlo, viverci, è stata una scelta di vita che mi ha reso una persona migliore. Tornerò in Cina sicuramente, per continuare il mio PhD e collaborare con il Galileo Institute. Per ora aspetto ulteriori comunicazioni da parte delle istituzioni locali, ma conoscendo il popolo cinese, sono fiducioso sul futuro e convinto che possano risolvere il problema. Mi preme però dire una cosa: è molto importante, in questo periodo di incertezza, non allarmarsi, ma verificare le notizie, guardare ai dati, e soprattutto rispettare gli amici cinesi, a Milano e ovunque in Italia, brave persone che contribuiscono da anni alla nostra società e che non meritano di essere discriminati o esclusi perché semplicemente cinesi.

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