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Esteri
Serbia al voto tra Ue, Russia e Cina: opposizione divisa, Vucic verso il trionfo

Domenica 21 giugno si svolgeranno in Serbia le elezioni parlamentari e amministrative, inizialmente previste per il 26 aprile e rimandate a causa della crisi del Covid-19. Il presidente Aleksandar Vucic ha confermato che la tornata elettorale si svolgerà con tutte le dovute precauzioni sanitarie ma in maniera regolare.

Elezioni Serbia, gli sfidanti

La lista del Partito Progressista Serbo (SNS) di Vucic, “Aleksandar Vucic – Per i nostri figli”, e quella del Partito Socialista Serbo (SPS) e di Serbia Unita (JS), “Ivica Dacic – SPS – JS – Dragan Markovic Palma”, mirano a ottenere una maggioranza assoluta. Una conferma viene dai sondaggi che rilevano come sia praticamente scontata una loro larga vittoria. Addirittura SNS e SPS, attualmente al governo insieme, potrebbero raggiungere cifre vicine al 75% delle preferenze, anche per via di un controllo molto forte dei media tradizionali e di una opposizione più che frammentata.

Sull’altro versante infatti la situazione è caotica. La coalizione più ampia dei partiti all’opposizione (Partito Democratico e Partito Socialdemocratico tra tutti), dal nome “Alleanza per la Serbia” (SZS) e guidata da Dragan Djilas e Vuk Jeremic, ha annunciato diversi mesi fa di voler boicottare le elezioni, accusando il governo di non garantirne uno svolgimento democratico. Ma quest’ultimo fronte è tutt’altro che compatto. Alcune formazioni hanno infatti deciso di presentarsi e correre regolarmente, tra cui il “Movimento dei liberi cittadini” (PSG) di Sergej Trifunovic, suscitando le ire della parte rimasta fedele ai propositi originali.

Tra le 21 liste ufficialmente presentate sono diversi i partiti che potrebbero superare la soglia di sbarramento e quindi aggiudicarsi alcuni seggi in parlamento. Una soglia che è stata abbassata dal 5% al 3% e che comunque non sarà valida per i piccoli gruppi delle minoranze del paese, già tutelati proporzionalmente.

Elezioni Serbia, i temi del voto

Il paese è stato, come tutto il mondo, colpito duramente dal virus e nella campagna elettorale di questi mesi l’emergenza sanitaria e le promesse di misure per la ripresa hanno avuto sicuramente un impatto considerevole. Il presidente Vucic ha puntato molto sul concetto di rinascita della Serbia e di una cosiddetta “età dell’oro”, con slogan e spot pubblicitari che rimandano a uno dei grandi problemi all’interno della regione dei Balcani, che vorrebbe affrontare in maniera drastica: le migrazioni che fanno espatriare ampie fasce di popolazione locale.

Le opposizioni, dopo le proteste e le manifestazioni di piazza organizzate ormai diversi mesi fa, continuano ad accusare Vucic di una deriva autoritaria e di controllare i media e la stampa del paese. Il peggioramento dei diritti civili si è senza dubbio aggravato e lo dimostra uno studio dell’osservatorio indipendente internazionale ‘Freedom House’, il quale ha accertato come la Serbia attuale non sia più una vera democrazia ma sia solo ‘parzialmente libera’. Le forze di opposizione non riescono però a compattarsi e ad avere una convergenza su tematiche comuni, esclusa appunto la posizione anti governativa.

Elezioni Serbia, gli scenari internazionali

Un tema che ha avuto uno spazio marginale all’interno della campagna elettorale, complice una precisa attenzione di Vucic nel non parlarne troppo, è quello del legame tra Belgrado e Pristina. La complessa questione della definizione dei confini e dei rapporti con il Kosovo infatti procede tra alti e bassi, ma senza raggiungere risultati consistenti. Il 27 giugno si terranno dei colloqui a Washington tra il governo serbo e quello del Kosovo (recentemente cambiato), per dare nuovo impulso alle trattative di riconciliazione. La Casa Bianca, che farà gli onori di casa, spera di ottenere un successo di carattere internazionale, spendibile per guadagnare credibilità prima delle elezioni statunitensi del prossimo novembre.

Lo sviluppo delle relazioni con il Kosovo è direttamento legato al processo di integrazione europea che la Serbia porta avanti da diverso tempo, e le imminenti elezioni non cambieranno la postura del paese. La volontà di Belgrado di entrare nell’Unione Europea è forte, ma oltre a dover prima stabilire i rapporti con Pristina dovrà farlo anche con la Russia, suo partner storico. Inoltre, negli ultimi anni, la Serbia è diventata un canale privilegiato della Cina in Occidente tramite la firma di accordi commerciali e di partnership strategiche (come il progetto della Nuova Via della Seta). Gli investimenti infrastrutturali in Serbia promessi e promossi da Pechino si inseriscono in questo contesto. Inoltre non è un caso che la Cina abbia mandato, nelle scorse settimane, ingenti quantità di materiale sanitario per aiutare la popolazione serba, con lo scopo di rafforzare questo legame sempre più stretto.

Se i risultati delle elezioni appaiono facilmente prevedibili, con il trionfo del partito del presidente Vucic, le condizioni democratiche nazionali e il ruolo futuro della Serbia nello scacchiere internazionale hanno invece ben poco di certo.

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