A- A+
Esteri
Erdogan, un bullo internazionale? Soltanto un masochista

Qualcuno ha detto in modo brillante e soprattutto pertinente che l’errore di Erdogan è stato ed è quello di voler fare il duro con uno più duro di lui: Trump. Ma questo sbaglio ha grandi tradizioni. Durante l’assedio di Alesia, quando i galli videro che presto si sarebbero dovuti arrendere per fame, mandarono nella terra di nessuno vecchi, donne e bambini. Così conservavano le residue risorse per coloro che potevano ancora combattere, mentre i romani si sarebbero trovati con un problema in più. Il problema di nutrire, albergare, forse fai passare oltre le loro linee quei poveri disgraziati.

Non avrebbero potuto fare diversamente. Si sapeva che Roma era una grande civiltà e lo stesso Cesare era un nobile, un uomo colto e addirittura un letterato. Quello che i galli dimenticavano era che, se Roma era tanto potente, era anche perché era usa “parcere victis” (risparmiare i vinti) ma non mancava di “debellare superbos”. Senza pietà. E infatti Cesare lasciò che quegli inermi morissero di stenti. E Alesia cadde lo stesso.

Erdogan da anni accumula punture di spillo – o di pugnale – nei confronti degli alleati occidentali e forse ha sempre creduto di poterlo fare impunemente. Gli europei e i loro nipoti americani, si sa, sono tigri di carta. Erdogan potrebbe anche avere ragione, per quanto riguarda gli europei, ed anche per quanto riguarda gli americani di Obama o di Jimmy Carter: ma con Trump, un uomo distesamente cinico, sbaglia indirizzo. Lui segue il principio per cui “a brigante, brigante e mezzo”. O magari due.

Fin qui tuttavia, parlando di politica internazionale, saremmo al chiacchiericcio. Alla visione da pianerottolo condominiale. Se invece andiamo alla sostanza dobbiamo chiederci: quanto vale l’attuale Turchia come “alleato dell’Occidente”? Si direbbe molto meno che in passato. Per decenni Ankara è stata la prima linea di difesa della Nato, e oggi invece tende ad allearsi piuttosto con la Russia che con gli Stati Uniti.

Tanto che, in caso di difficoltà, non si può essere sicuri della direzione in cui sparerebbero i suoi cannoni. Non c’è da scandalizzarsi. Come disse quel tale, i trattati sono “pezzi di carta”. Vale molto più un amico affidabile, anche se non c’è niente di scritto, che un trattato firmato da qualcuno che non sappiamo se sia un amico o un nemico. Ma se non si è più amici, non si può pretendere di essere trattati da amici.

Per questo la minaccia di Erdogan di cercarsi nuove alleanze non è di natura tale da spaventare l’Occidente. È come se una donna, dopo essere scappata con un altro uomo, minacciasse il marito di fargli le corna. Oltre tutto in quella regione è cambiato il quadro geopolitico. La Turchia aveva un valore in quanto baluardo del fronte sud, nel caso di un conflitto con l’Unione Sovietica.

Ma oggi l’Unione Sovietica non c’è più e se qualcuno può sentirsi seriamente minacciato dalla Russia non è l’Occidente, e meno che meno la Turchia, che non ha mai fatto parte delle mire espansionistiche di Mosca: è piuttosto l’Ucraina, la cui neutralità Mosca considera essenziale per la propria difesa; sono gli Stati Baltici, per circa cinquant’anni sotto il tallone russo; o la Polonia che, mancando di confini naturali, è stata sempre sballottata tra Germania e Russia, essendo rosicchiata da ambedue. La Turchia ormai è periferica, e infatti oggi guarda più a sud che ad ovest o ad est.

 Come non bastasse, con la sua involuzione clericale e autoritaria, si è alienata gli amici occidentali. Dunque le conviene fare attentamente il calcolo di ciò che guadagna e di ciò che perde. Innanzi tutto deve tenere presente che le sue minacce pesano poco. Non soltanto le guerre economiche si vincono in campo economico, ed è proprio questa la difficoltà di Ankara, ma il suo stesso riferimento ad Allah sa di disperazione. È come “raccomandarsi l’anima a Dio”. Né più serio è suonato l’invito rivolto ai turchi di salvare la moneta del Paese dando via il loro oro in cambio di carta straccia. I suoi sudditi non sono tutti dementi. E infatti la reazione delle borse di oggi, lunedì 13, conferma con ulteriori perdite il tracollo della lira turca.

Mentre Washington può fare parecchi danni ad Ankara, non è vero l’inverso. La stessa eventuale alleanza con la Russia non è la manna che crede il dittatore turco. L’amicizia della Russia, per ragioni economiche obiettive, non può tradursi in dollari o in euro.  

Che peccato. La Turchia era l’unico Stato con una popolazione musulmana veramente democratico e veramente laico, come l’aveva voluto Atatürk. A volte le lancette girano in senso antiorario.

giannipardo@libero.it

Tags:
donald trumpvladimir putin





in evidenza
Lavoro forzato al capolinea: c'è il divieto Ue di vendere merce prodotta con lo sfruttamento

Politica

Lavoro forzato al capolinea: c'è il divieto Ue di vendere merce prodotta con lo sfruttamento


in vetrina
Djokovic re del tennis e del vino: "Produciamo syrah e chardonnay"

Djokovic re del tennis e del vino: "Produciamo syrah e chardonnay"


motori
Mercedes-Benz, Nuovo G 580 EQ la svolta elettrica nel fuoristrada

Mercedes-Benz, Nuovo G 580 EQ la svolta elettrica nel fuoristrada

Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

© 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

Contatti

Cookie Policy Privacy Policy

Cambia il consenso

Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.