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Esteri
IM-Erika, nome in codice della Merkel ai tempi della Stasi e della Ddr

Angela Merkel era al servizio per la Stasi, la polizia segreta che teneva sotto controllo i cittadini della Germania Est? Come scrive il Corriere della Sera, chi cerca il nome della cancelliera su Google, trova la sigla IM Erika, dove IM sta per Inoffizielle Mitarbeiterin, collaboratrice non ufficiale, la sigla con cui la Stasi indicava gli informatori che non erano suoi agenti. Secondo una folta schiera di complottisti, Erika sarebbe il nome di copertura di Angela Merkel nella sua attività di spionaggio segreto. Un interrogativo che può somigliare a una fake news ma dagli archivi della Stasi non sono mai usciti documenti che confermassero il sospetto.  A oggi non ci sono carte che dimostrino che Angela Merkel fosse informatrice dei servizi.

“Il che però non significa che non ci siano mai state”, spiega Hubertus Knabe, in un saggio dedicato al tema e pubblicato ieri sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Knabe, 60 anni, storico, è un’autorità in materia: dal 2000 al 2018 ha diretto la Fondazione del Memoriale di Hohenschönhausen, l’ex prigione della Stasi trasformata in centro di documentazione e di ricerca, diventata celebre anche per aver fatto da set al film premio Oscar “Le vite degli altri”. È significativo che un giornale autorevole come la Faz dedichi un’intera pagina al tema. Tanto più che il saggio di Knabe solleva più questioni e suggestioni di quanti ne risolva.

La stessa Merkel ha raccontato in passato di essere stata avvicinata nel 1978 dalla Stasi, che voleva assoldarla. Successe al Politecnico di Ilmenau, in margine a un convegno di studi. Lei rifiutò. Ma, osserva Knabe, “queste proposte non venivano fatte a caso”, la precondizione fra l’altro erano provate “qualità personali e politico-ideologiche”. Proposte del genere venivano protocollate con pignoleria dalla Stasi: nessuno può dire se esistono, ma se ci fossero, per vederle occorrerebbe il consenso dell’interessata. Merkel, in modo del tutto legittimo, non l’ha mai dato.

Sempre come scrive il Corriere della Sera, alcune tracce mai provate emersero nel 2005 in un celebre documentario della televisione pubblica Wdr. Come la foto della Merkel, trovata da un reporter negli atti relativi alla sorveglianza di un noto dissidente, Robert Havemann. Secondo qualcuno la futura cancelliera, che aveva visitato il dissidente con un amico, lo aveva spiato. In realtà si è scoperto che la foto non era della Stasi ma era quella della patente di guida. In ogni caso, Merkel aveva allora 25 anni e secondo Knabe è del tutto “improbabile” che i servizi usassero un non professionista per un compito così delicato. Resta un dubbio però, nota lo storico: perché non ci furono conseguenze per lei dalla visita a un dissidente?

Un altro fumus verrebbe dal fatto che Merkel lavorasse fianco a fianco con numerosi IM, almeno tre dei suoi colleghi – nome in codice Einstein, Bachmann e Manfred Weih – erano infatti informatori. Ma questo in verità non prova nulla. Meno chiare invece sono le circostanze dei suoi due viaggi nella Repubblica Federale, nel 1986 e nel 1989, un grande privilegio nella Ddr. A causa della non pubblicazione del dossier che la riguarda, non è chiaro se vennero autorizzati dalla Stasi e se lo furono sulla base di quali motivazioni. Speculazioni provocano anche i numerosi viaggi in Polonia, che però erano spesso di studio. Uno su tutti, nel 1980, quando di rientro la Merkel venne fermata alla frontiera con materiale di Solidarnosc. Anche se l’episodio fu subito comunicato alla centrale. stranamente la cosa non ebbe alcuna conseguenza negativa.

Per concludere il Corriere della Sera spiega che poi c’è il ruolo nella Frei Deutsche Jugend, l’organizzazione giovanile del regime comunista, che la Merkel ha sempre minimizzato, dicendo che “ci stava volentieri ma per opportunismo” e che era addetta a “procurare i biglietti per il teatro”. Chiosa Knabe: “Questa descrizione suona eufemistica, la FDJ era un’organizzazione fortemente ideologizzata”. Di fatto non esistono prove che abbia lavorato per la Stasi, “ma la cancelliera non ha mai parlato in modo aperto del suo passato nella Ddr”.

 

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