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Esteri
India, altro che alleato dell'Occidente. Ora sviluppa armi insieme alla Russia
Narendra Modi e Vladimir Putin

India migiore amica di Italia e Occidente? Ma intanto rafforza i legami militari con la Russia

La Via della Seta è stata sostituita dalla Via delle Spezie. O almeno così si dice, anche se in realtà il programma cinese e quello accomunato all'India sono molto molto diversi. D'altronde, l'occidente continua a presentare l'India come se fosse un amico fidato, persino il principale alleato dell'Indo-Pacifico, un paese definito la "più grande democrazia al mondo". La stessa Italia è di recente molto enfatica quando descrive i passi avanti nei rapporti con Nuova Delhi, forte dei colloqui e dei selfie di Giorgia Meloni col premier "più amato del mondo", Narendra Modi.

La realtà è più complicata. Tanto che durante i giorni di Natale, mentre Stati Uniti ed Europa erano forse distratti, l'India è tornata a parlare ad alto livello con la Russia di Vladimir Putin. Mercoledì è stato infatti a Mosca il ministro degli Esteri indiano S. Jaishankar. Al termine dell'incontro con Sergei Lavrov, l'omologo russo ha dichiarato che sono stati discussi "piani e fatto progressi nei colloqui per la produzione congiunta di equipaggiamenti militari".

I capi delle diplomazie dei due paesi hanno parlato delle prospettive di cooperazione militare e tecnica, compresa la produzione di armi moderne. "Abbiamo anche intrapreso passi specifici in questo settore", ha detto Lavrov. Ha aggiunto che la loro cooperazione è di natura strategica, che "corrisponde agli interessi nazionali dei nostri Stati, all'interesse di mantenere la sicurezza nel continente eurasiatico". Lavrov ha detto che hanno concordato una serie di passi per espandere la cooperazione, tra cui il Corridoio internazionale di trasporto Nord-Sud che collega la Russia e l'India via nave, ferrovia e strada, nonché la creazione della rotta marittima Chennai-Vladivostok.

Si è discusso anche della cooperazione nel settore degli idrocarburi e dell'uso pacifico dell'energia nucleare. Jaishankar ha dichiarato che le relazioni tra India e Russia rimangono stabili e forti. "Si basano sulla nostra convergenza strategica, sui nostri interessi geopolitici e sul fatto che sono reciprocamente vantaggiose", sottolineando che il commercio bilaterale ha raggiunto un massimo storico. "Abbiamo superato i 50 miliardi di dollari di fatturato l'anno scorso e ci aspettiamo di superarli quest'anno", ha detto Jaishankar. "L'importante è che questo commercio sia più equilibrato, sostenibile e che garantisca un accesso equo al mercato".

Di critiche sulla guerra in Ucraina nemmeno l'ombra. D'altronde Modi non ha mai condannato l'invasione nemmeno in momenti in cui Kiev godeva di maggiore appoggio occidentale, figurarsi ora che questo sostegno sembra zoppicare. Senza dimenticare che la Russia è da sempre un importante fornitore di armi per l'India, che gli Usa speravano di riuscire ad "arruolare" contro Mosca e soprattutto contro Pechino dopo l'avvio della guerra in Ucraina.

Non è successo. L'India fa sì parte del Quad, l'alleanza quadrilaterale Usa-India-Giappone-Australia che la Cina percepisce come un primo velleitario tentativo di formare un corrispettivo asiatico della Nato, ma allo stesso tempo continua a sedere in gruppi come i BRICS proprio insieme a Cina e Russia e nell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, sempre insieme a Pechino e Mosca ma anche alle ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale e all'Iran. 

La caccia ai Sikh e la stretta ai diritti 

L'India ha peraltro recentemente sperimentato attriti nelle sue relazioni con nazioni occidentali come il Canada e gli Stati Uniti, dopo le accuse di Ottawa e Washington secondo cui l'India potrebbe essere stata coinvolta in un complotto fallito per uccidere un separatista sikh sul suolo statunitense. Tale affermazione ha fatto seguito alla dichiarazione del Primo Ministro canadese Justin Trudeau, a settembre, secondo cui esistevano accuse "credibili" che collegavano agenti indiani all'uccisione, a giugno, di un altro leader separatista sikh in un sobborgo di Vancouver. Nuova Delhi ha negato il coinvolgimento.

Sul fronte interno non va meglio. Secondo un report di Access Now, gruppo di difesa dei diritti digitali con sede a New York, nel 2022 sono state imposte in tutto 187 chiusure della rete internet. Di queste, ben 84 sono state ordinate in India. In oltre la metà dei casi (49) coinvolto il Kashmir, unico stato indiano a maggioranza musulmana ed è al centro di tensioni col Pakistan, storico rivale dell'India. Nel 2019 il governo Modi ha improvvisamente revocato l'autonomia del Kashmir, dividendo il suo territorio in due parti amministrate a livello federale. Da allora, il governo ultranazionalista indù del Bharatiya Janata Party ha imposto a più riprese restrizioni sulla rete internet per motivi di sicurezza.

Secondo i critici, si tratta di un modo per provare a reprimere il dissenso. Strategia alla quale il governo indiano ricorre in modo massiccio anche altrove. Per esempio tra il 2020 e il 2021 nell'area intorno alla capitale Nuova Delhi, in occasione delle prolungate proteste di massa dei contadini contro la riforma agraria. Il poco invidiabile record nei blocchi alla rete non è frutto del caso ma nasce da lontano, visto che l'India occupa la prima posizione della graduatoria redatta da Access Now per il quinto anno consecutivo.

Nel 2022, l'India è crollata al 150esimo posto su 180 per la libertà di stampa: la peggior posizione di sempre. Lo scontro frontale con la Bbc dopo la diffusione di un documentario su Modi da parte dell'emittente britannica dimostra che l'India è pronta anche a sfidare i media internazionali per impedire una narrazione diversa da quella del governo su alcuni fatti chiave della storia recente del paese, dal massacro del Gujarat del 2002 alla nuova legge sulla cittadinanza. L'opposizione, già di per sé frammentata, fatica a trovare spazio sui media indiani. Anche e soprattutto in vista delle elezioni della prossima primavera in cui Modi cerca la conferma per un terzo mandato.

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