Leader Fratelli musulmani: Regeni incastrato da faida tra servizi
Caso Regeni: ex ministro egiziano: "Se non fosse per la madre,l'Italia non insisterebbe"
Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e assassinato in Egitto, è stato "stritolato" in una faida interna tra i servizi segreti egiziani. Ad affermarlo è Amr Darrag, un ex ministro ed membro del direttivo dei Fratelli musulmani, oggi in esilio dopo che il movimento islamico è stato sciolto e represso dal regime del presidente Adel Fattah al Sisi. Secondo Darrag tutta la situazione politica in Egitto è al momento leggibile come "uno scontro tra le tre forze di sicurezza": la General Intelligence, cioè l'intelligence civile, contraria ad al Sisi, l'Intelligence militare - che è stata guidata dallo stesso generale oggi presidente - e la National Security, che ha compiti simili all'Fbi statunitense. Darrag ritiene che la General Intelligence stia oggi "speculando" sull'uccisione di Regeni contro al Sisi, a leggere i giornali vicini a questo servizio, mentre gli altri giornali di fatto ignorano la questione del ricercatore di Cambridge.
Ma perché Giulio Regeni è stato ucciso? Darrag non ha molti dubbi in merito: "(...) Giulio Regeni non è stato ucciso nonostante fosse uno straniero: è stato ucciso perché era uno straniero. Perché era uno straniero e studiava i sindacati". In Egitto - spiega ancora il membro dei Fratelli musulmani - "le teorie complottiste sono realmente diffuse. So che per voi è difficile da immaginare, ma qui tutto è ricondotto a una cospirazione straniera. Inclusa la rivoluzione: che ancora oggi è vista come una cospirazione americana. E da chi è iniziata la rivoluzione? Non certo da Facebook". E' iniziata "dai lavoratori del Delta del Nilo", cioè dai sindacati, che sono "l'unica forza davvero temuta dal regime" per la loro capacità di mobilitazione. Quindi, secondo Darrag, hanno "davvero fermato Regeni per capire chi fosse e con chi era in contatto" e, come è già capitato in passato, Regeni è morto.
"Non credo che la morte di Regeni sia stata voluta. Nel senso: l'obiettivo era strappargli informazioni, non assassinarlo". Per quanto riguarda il ritrovamento del cadavere, Darrag espone diverse ipotesi: che effettivamente, scaricandolo in un fosso, pensassero di farlo sparire; oppure che la General Intelligence volesse mettere in ulteriore difficoltà un al Sisi già in affanno, sfruttando l'omicidio di Regeni per crearne un caso internazionale per sfruttarlo contro il presidente. Al Sisi, dal canto suo, avrebbe sottovalutato la questione ritenendo che l'Italia, per motivi di realpolitik, avrebbe limitato l'impatto del caso al solo ambito giudiziario. "E in effetti - continua Darrag - se non fosse stato per la madre di Giulio Regeni, per quelle sue parole così forti, così lucide, non saremmmo qui a parlarne (...) E al Sisi sarebbe rimasto quel 'great leader' di cui il vostro primo ministro, in un'intervista ad al Jazeera, si è detto orgoglioso di essere amico".
Per l'Italia il problema non è tanto economico - il giacimento di gas recentemente scoperto da Eni al largo di Alessandria - ma è la questione libica, che per Roma è una priorità. Il problema, comunque, "non è solo l'Italia". Regeni era un ricercatore di Cambridge, "eppure la Gran Bretagna non ha detto una parola". Questo probabilmente perché "British Petroleum ha firmato con al Sisi un contratto in base al quale l'Egitto riceve il petrolio di cui ha bisogno ma tutti i profitti finiscono a Londra". Per quanto riguarda la Francia, poi, Darrag ricorda come il presidente François "Hollande è andato al Cairo a vendere armi. Degli aerei di cui cercava di sbarazzarsi da anni. Dei catorci".