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Esteri
Miss Universo, una 24enne cristiana per il Pakistan. E scoppia il caso
Erica Robin, Miss Universo Pakistan cristiana (Instagram ericarobin_official)

Miss Universo Pakistan la cristiana Erica Robin. Scoppia il caso

In Pakistan la partecipazione del Paese a maggioranza islamica al concorso di Miss Universo sta diventando un caso politico, ma non solo. Nell'occhio del ciclone c'è una 24enne cristiana della città di Karachi, Erica Robin, che il mese prossimo rappresenterà la sua nazione, profondamente conservatrice, alla finale del concorso di bellezza in Salvador.

È stata lei a vincere lo scettro di Miss Universo Pakistan tra le cinque finaliste che hanno preso parte alle selezioni finali, svoltesi alle Maldive. Non si sono fatte attendere le critiche del partito Jamaat-e-Islami, che ha definito l'elezione di "vergognosa", spingendo il premier ad interim Anwar ul-Haq Kakar ad aprire un'inchiesta sulla vicenda.

"È fantastico rappresentare il Pakistan. Ma non capisco da dove venga la reazione negativa. Penso che sia l'idea che io debba sfilare in costume da bagno in una stanza piena di uomini", ha detto alla Bbc la regina di bellezza pakistana, nel commentare la diffusa reazione di sdegno in patria.

Miss Universo Pakistan, Erica Robin: "Non sto infrangendo alcuna legge"

Miss Pakistan World, concorso per donne di origine pakistana provenienti da tutto il mondo, è probabilmente il più noto. La sua prima edizione risale al 2002 a Toronto, per poi essere trasferito a Lahore nel 2020. Nei 72 anni di storia del concorso, il Pakistan non ha mai nominato una sua rappresentante per Miss Universo, ma quest'anno è giunto un alto numero di candidature.

Coloro che criticano la nomina di Erica Robin argomentano che rappresenta un Paese che in realtà non vuole essere rappresentato, soprattutto perché i concorsi di bellezza sono rari nel Pakistan a maggioranza musulmana. "Vorrei cambiare questa mentalità secondo cui il Pakistan è un Paese arretrato", ha argomentato la vincitrice al secondo turno di selezione del concorso, tramite piattaforma Zoom, elogiata da una parte dei media per la sua bellezza e la sua intelligenza.

"Non sto infrangendo alcuna legge rappresentando il Pakistan su una piattaforma globale. Sto facendo la mia parte per sedare ogni stereotipo al riguardo", ha argomentato la ragazza, laureata della St Patrick's High School e del Government College of Commerce and Economics. Le successive reazioni di ostilità evidenziano invece che la strada è ancora lunga per l'accettazione di questo tipo di manifestazione e per l'immagine che una donna più libera può veicolare.

"Il Pakistan è in generale uno stato autoritario e ciò si riflette nei duri valori patriarcali che consente sia istituzionalmente che socialmente. Gli attacchi a Erica Robin ne sono un perfetto esempio. Siamo una nazione con molte contraddizioni e le donne e gli emarginati sono quelli che ci irritano di più", ha commentato lo scrittore e commentatore Rafay Mehmood, residente a Karachi.

D'altro canto, però, c'è una buona accoglienza nei confronti di altre competizioni internazionali, quali Mister Pakistan, quindi evidentemente a infastidire sono i risultati di una donna. Dagli anni '50 agli anni '70 in Pakistan riscuotevano grande successo locali notturni dove si esibivano anche danzatrici del ventre straniere oltre a spettacoli di canto e jazz, come nello storico Metropole Hotel di Karachi.

Nel 1973 la Costituzione stilata dal Parlamento ha istituito una Repubblica islamica e l'Islam divenne religione di stato. Quattro anni dopo, l'arrivo al potere del generale Zia ul-Haq, che rovesciò il governo del primo ministro Zulfikar Ali Bhutto, segnò l'avvio di una "fase draconiana" in cui la religione islamica venne applicata e la società pakistana fu drasticamente modificata.

Verso la metà degli anni '80, il generale Zia aveva persino ristabilito la fustigazione pubblica per dimostrare il suo impegno nei confronti della legge islamica. Il desiderio di un Pakistan più libero e tollerante non è però scomparso e oggi, come Erica Robin, sono in tanti a sperare che i confini di ciò che è accettabile possano essere spostati più in là. 

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