Taiwan al centro della sfida Usa Cina: navi da guerra e leggi anti Pechino
In crisi con Pechino, Washington invia navi militari al largo di Taiwan
Tra commercio e tecnologia sale anche la tensione sul fronte militare nella sfida tra Stati Uniti e Cina. Washington ha deciso di alzare ancora di più l'attenzione sul Mar Cinese Meridionale. Nel giro di poche ore ha inviato ancora una volta due navi nello stretto di Taiwan, episodio sempre più frequente negli ultimi tempi, e ha finalizzato una proposta per sanzioni alla Cina per attività illegali nel Mar Cinese Meridionale e Orientale.
Il transito nelle acque dello Stretto è stato compiuto dal cacciatorpediniere "Preble" e dalla petroliera della Marina "Walter S. Diehl", secondo quanto confermato dal portavoce della Settima Flotta Usa, che opera nell’Oceano Pacifico, Clay Doss, e “dimostra l’impegno degli Stati Uniti per un libero e aperto Indo-Pacifico”, il nome con cui l’amministrazione guidata da Donald Trump si riferisce alle acque dell’Asia orientale.
Tutte le interazioni avute nel corso del passaggio, ha aggiunto Doss, sono state “sicure e professionali”. Il transito è stato monitorato anche dal ministero della Difesa di Taiwan. Pechino considera Taiwan una provincia ribelle destinata all’unificazione con la madrepatria, e negli ultimi anni ha lavorato per sottrarre alleati a Taipei, che oggi può contare sul riconoscimento diplomatico di soli 17 Stati al mondo, in gran parte isole dell’Oceano Pacifico o dei Caraibi.
La Cina ha subito protestato con gli Usa. "In base a quanto appreso dai nostri dipartimenti, la Cina ha seguito da vicino il passaggio delle unita' da guerra nello stretto di Taiwan e siamo del tutto consapevoli dell'intero processo", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kang. "Sollecitiamo gli Usa a trattare in modo appropriatamente cauto le questioni su Taiwan per evitare altri impatti negativi sui rapporti Cina-Usa e su pace e stabilità nello stretto di Taiwan".
Allo stesso tempo è approdata in Senato una proposta di legge bipartisan dove si chiede di reintrodurre sanzioni per individui ed entità cinesi coinvolti in quella che viene chiamata "illegale e pericolosa" attività di Pechino nelle acque dell'area. Il tutto nasce dalla proposta del repubblicano Marco Rubio ma ha l'appoggio anche dei democratici.
Contemporaneamente, l’amministrazione Usa guidata da Donald Trump ha aumentato i contatti con Taiwan, suscitando in più occasioni l’ira della Cina. Secondo recenti calcoli del Pentagono, gli Usa hanno venduto armamenti a Taipei per oltre 15 miliardi di dollari dal 2010 a oggi. Nella giornata di ieri, la Marina di Taiwan aveva dato il via agli esericizi navali annuali denominati “Han Kuang” al largo delle coste orientali, comprendenti anche una simulazione di risposta in caso di invasione da parte della Cina del proprio territorio.
Come reagirebbe Washington di fronte a un'azione militare di Pechino? Difenderebbe Taipei come accaduto nel 1996 (quando però i rapporti di forza erano completamente diversi) oppure la "sacrificherebbe" nell'ambito di una "trattativa" o di un riequilibramento più ampio? Molti analisti ritengono che proprio il dossier Taiwan è quello che presenta i maggiori rischi nel prossimo futuro, anche in vista delle elezioni taiwanesi del 2020. Il tutto tenendo comunque presente che nel secondo dopoguerra la Cina non ha praticamente mai sparato nemmeno un colpo di pistola all'esterno dei propri confini.
Commenti