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Esteri
Medio Oriente, il piano di Trump: caos controllato. E Netanyahu va da Putin
Foto: LaPresse

Cambiare tutto per non cambiare nulla. Con un terzo, pardon quarto o persino quinto, incomodo che in realtà potrebbe essere il vero primo attore. Donald Trump ha presentato il suo piano sul Medio Oriente,  auto ribattezzato "piano del secolo", ai due candidati alle elezioni in Israele del 2 marzo, Benjamin Netanyahu e Benny Gantz. E ora lo fa al mondo intero. Un piano che, però, sta facendo arrabbiare molti e non sembra poter risolvere la questione dei due Stati. Anzi, potrebbe persino rischiare di peggiorarla. E intanto, lontano da Washington, Vladimir Putin si prepara a giocare un ruolo principale all'interno degli equilibri della regione.

Il piano della Casa Bianca prevede tre punti principali. Primo: l'annessione, da parte di Israele, della Valle del Giordano e di circa il 30-40 per cento dei territori palestinesi occupati in Cisgiordania. Secondo: sovranità totale di Israele sulla città di Gerusalemme, compresi i quartieri arabi della città vecchia. Terzo: la creazione di uno Stato palestinese, con capitale localizzata a Gerusalemme Est che però sarebbe sottoposto a numerose limitazioni, tra cui l'assenza di controllo su confini e spazio aereo. Oltre a essere smilitarizzato e impossibilitato a concludere accordi legati alla Difesa con altri Stati. Dulcis in fundo: l'offerta di 50 miliardi di dollari ai palestinesi come "incentivo" per accettare il piano. Un'offerta ritenuta dalle organizzazioni politiche palestinesi come un tentativo di "comprare" il consenso. Il tutto con la proposta di congelamento delle colonie israeliane per quattro anni, stesso tempo offerto a Ramallah per studiare il piano.

Al momento sembrano essere scontenti un po' tutti. A partire da Abu Mazen, il leader dell'Anp che d'altronde non ha praticamente mai avuto un dialogo con Washington da quando l'inquilino della Casa Bianca è Trump. La leadership palestinese si è riunita in seduta di emergenza a Ramallah per discutere del piano di pace, mentre nei prossimi giorni si riunirà la Lega Araba. Hamas ha già fatto sapere di essere contro il piano a stelle e strisce. Nel frattempo sono già partite le proteste. A Gaza migliaia di persone sono scese per strada bruciando le immagini del presidente degli Stati Uniti e di Netanyahu.

Ma non c'è entusiasmo neppure dai coloni israeliani. Il loro leader, David Alhayani, ha detto che la creazione di uno Stato palestinese, seppure dai poteri limitati "è una minaccia per l'esistenza di Israele", aprendo addirittura alla rinuncia alla sovranità sulla Valle del Giordano "in cambio della promessa che non ci sarà uno Stato palestinese". Nel frattempo, l'esercito israeliano ha già rafforzato la propria presenza nella Valle del Giordano, nonostante Washington abbia chiesto a Israele di astenersi da qualsiasi passo unilaterale in seguito all'annuncio del piano. Oltre che Netanyahu, e in seconda battuta probabilmente dallo stesso Gantz, il piano sembra aver ricevuto il placet da alcuni alleati nell'area, vale a dire Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Oman, che erano presenti alla conferenza stampa di Trump con i loro ambasciatori negli Usa.

In molti leggono la presentazione del piano come uno spot pre elettorale doppio, sia in favore di Trump sia in favore di Netanyahu. In realtà, il programma trumpiano su Israele e Palestina non sembra discostarsi dalla linea generale americana sul Medio Oriente. Una linea che spesso viene scambiata per disinteresse ma che in realtà cela un interesse ben preciso: il mantenimento di un caos controllato nel quale possano rischiare di restare invischiati altri attori potenzialmente emergenti nell'area, in primis Turchia e Iran. L'interesse principale di Washington, come ha sottolineato di recente Dario Fabbri, è quello "guardare gli altri combattere", secondo una strategia di "lucido equilibrio" nell'ambito di un caos controllato che impedisca l'emergere di un attore in grado di dominare la regione. Dalla Siria all'Iraq, tutte le azioni degli Usa sembrano votate a questo obiettivo

Nel frattempo, sembra emergere sempre di più come protagonista la figura di Vladimir Putin. Come già accaduto in Siria, Mosca (che tramite il ministro degli Esteri Lavrov chiede una riunione del "quartetto" Usa-Ue-Russia-Nazioni Unite) sembra essere diventato un importante centro di bilanciamento della regione. Ecco che allora nella giornata di mercoledì, subito dopo l'annuncio del piano di pace da parte di Trump, Netanyahu sarà ricevuto al Cremlino proprio da Putin. Un incontro non casuale e che segue, non precede, la visita americana del premier israeliano.

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