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Esteri
Usa 2020, per i big tech sollievo Biden. I legami tra Harris e Silicon Valley

Dopo l’annuncio di Biden alla presidenza, e di Kamala Harris come prima donna vice, la Silicon Valley potrà festeggiare? E' questo uno dei temi caldi, che oscilla tra politica e economia, del dibattito americano attuale. Quella parte meridionale della San Francisco Bay Area, nella Northern Carolina, che funge da centro globale per l'alta tecnologia, l'innovazione, il capitale di rischio e i social media, sarà la terza protagonista della fresca vittoria democratica? 

Usa 2020: Kamala Harris e i colossi del Tech 

“Wall Street è felice dei segnali, la Silicon Valley di vedere una faccia famigliare”, così titolava il New York Times a pochi giorni dalla vittoria di Biden. Ma anche gran parte degli analisti americani vede nella Harris “una giusta alleata per i Big Tech”, una buona partner, che ha sempre assunto un tono moderato nei confronti del settore. La campagna elettorale ne è stato un esempio: Kamala Harris non ha mai sostenuto di voler rompere con Facebook, con Alphabet, società madre di Google, o con Amazon, come hanno fatto la senatrice Elizabeth Warren e l’altro candidato democratico Bernie Sanders, ma è stata disposta, invece, a rafforzare l’applicazione delle norme antitrust. Ma Kyle Daly, tech editor di Axios, è convinto che qualcosa con la Harris potrà cambiare: “Di solito il vicepresidente non gestisce l’agenda tecnica di un presidente, ma può comunque aiutare a dare tono a una vasta gamma di questioni per una campagna presidenziale e per l’amministrazione. La familiarità di Harris con queste aziende potrebbe darle un ruolo di rilievo nella politica tecnologica”. 

Kamala Harris è in effetti nota all’interno del panorama americano per i suoi legami con i volti più noti della Silicon Valley: Tony West, prestigioso avvocato, a capo dell’ufficio legale di Uber, è cognato della Harris. Sheryl Sandberg, capa operativa di Facebook, è stata sponsor ufficiale della sua campagna, la prima che a pochi minuti dall’annuncio di Biden, ha acclamato la sua elezione come “grande momento per le donne e le ragazze nere di tutto il mondo”. E poi ancora Marc Benioff, amministratore delegato del settore vendite di Salesforce.com, Brian Chesky, amministratore delegato di Airbnb e Marissa Mayer e Jony Ive, gli allora dirigenti di Apple, sono stati tra i grandi nomi della raccolta fondi per la sua candidatura per la rielezione nel 2014 come procuratore generale della California. Per non dimenticare la grande amicizia che la lega ai Newsom, una ricca e influente famiglia della California e a Gavin Newsom, politico e governatore della California dal 2019, con cui Harris trascorre i periodi di vacanza. 

Tuttavia, Harris, sia come ex procuratrice generale della California che come senatrice, non ha mai fatto mistero delle sue lotte per i diritti e le tutele, anche in materia tech: “Le aziende tecnologiche devono essere regolamentate in un modo che possiamo garantire e il consumatore americano può essere certo che la loro privacy non è stata compromessa”, aveva dichiarato al New York Times a proposito dello smembramento di  Amazon, Facebook o Google. 

Usa 2020: Joe Biden e i big del Tech 

Se l'ex presidente Donald Trump ha cercato di mitigare il rapporto con il Big Tech concentrandosi sui tagli fiscali e sulla deregolamentazione, scagliandosi però contro i social, poichè "diffusori di fake news", Joe Biden punta a un atteggiamento completamente diverso. In campagna elettorale la compagine dem si è concentrata sull'impegno di espandere la banda larga, o banda larga wireless via 5G, per tutti gli americani, portando l'accesso a internet anche in zone più periferiche e non centrali. Oppure sulla tutela della privacy, sulla regolamentazione dei dati e degli accessi. Ma allo stesso tempo l’ala più centrista dei dem, a proposito di Big Tech, non ha preso posizioni ben definite: ha sottolineato l’importanza della regolamentazione, ma non è arrivata a richiedere la scissione delle compagnie in unità più piccole. 

Nonostante le variegate prese di posizione, secondo Axios, "il Big Tech potrà respirare un clima di temporanea pacificazione, ci saranno confronti legati alle minoranze etniche e i diritti Lgbtq". Il clima è positivo, tempeste di tweet e insurrezioni di fake news non si prospettano. Ma l'intera industria del Tech deve fare i conti anche con il fattore governabilità: la presidenza Biden potrebbe rivelarsi "debole", ossia senza il supporto di entrambe le camere americane con un senato a maggioranza repubblicana. 

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