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Giornata Mondiale del Diabete, prevenire meglio che curare

Il 14 novembre è la Giornata Mondiale del Diabete, una patologia che interessa 422 milioni di persone nel mondo, tra 20 e 79 anni e oltre 3 milioni in Italia ( il doppio in 30 anni).

Purtroppo le proiezioni danno 629 milioni di diabetici entro il 2035 concentrati nei paesi in via di sviluppo ed emergenti con l’Asia al primo posto, e negli Stati Uniti. L’Europa mostra incrementi percentuali minori, ma sempre     molto significativi.                                                                                                                                                                                                                                                    

“L’incidenza del diabete è maggiore nei Paesi caratterizzati da un’alimentazione ricca di grassi e zuccheri raffinati e da uno stile di vita sedentario, ed è maggiore nei maschi che nelle femmine, anche se il trend percentuale vede un progressivo avvicinamento dei valori – spiega il professor Marco Comaschi, specialista in Diabetologia, Endocrinologia e Medicina Interna a ICLAS Istituto Clinico Ligure di Alta Specialità di Rapallo –. Nella donna il periodo menopausale è quello più a rischio, durante il quale si osserva la maggiore incidenza di nuovi casi. Tuttavia una buona quota di diabete femminile deriva anche dalla più lunga spettanza di vita rispetto agli uomini”.

Il diabete, una patologia in crescita nel mondo

A questi numeri si aggiunge una quota di persone affette da diabete senza saperlo. Si stima che ci sia un diabetico non diagnosticato ogni due noti.

 

Questo si spiega con il fatto che il diabete di tipo 2, “diabete non insulino dipendente”, nella quasi totalità dei casi è asintomatico o scarsamente sintomatico.

“Alcuni sintomi che compaiono all’esordio della patologia – spiega il prof. Comaschi – sono trascurati perché lievi, o attribuiti ad altre cause. Spesso un aumento della necessità di urinare, con contestuale aumento della sete, oppure una lieve infiammazione degli organi genitali o del cavo orale, sono interpretati come disturbi passeggeri o riferiti al caldo, invece possono essere il primo segno della comparsa di glicemie più elevate (zucchero nel sangue superiore al normale, a digiuno 126 mg/dl). Riferire al proprio medico di famiglia questi disturbi potrà portare ad una diagnosi precoce, estremamente importante perché consente di assumere tutte quelle misure, farmacologiche e soprattutto di comportamento, che consentiranno nel tempo di mantenere sotto controllo la patologia”.

 

Quali i fattori di rischio?

 

Tra i fattori di rischio, oltre a stile di vita e alimentazione incongrua, vi sono cause genetiche (quindi familiarità), alterazioni del metabolismo, difetti della secrezione pancreatica di insulina, che si associa molto spesso ad eccesso ponderale, in particolare con adiposità addominale. Ma anche alterazioni ormonali, come nel caso della menopausa.

Il diabete una patologia in crescita nel mondo

“Gli ormoni femminili presenti nel periodo fertile della donna svolgono un ruolo protettivo nei confronti dello stress ossidativo e permettono di contenere anche le quote di colesterolo totale e LDL circolanti, aumentando nel contempo il colesterolo HDL, che ha un’azione protettiva sulla circolazione arteriosa – spiega il prof. Comaschi –. La menopausa è il momento in cui la donna perde la capacità riproduttiva, l’ovaio riduce nettamente la produzione di estrogeni e il profilo ormonale si avvicina a quello maschile. È il momento in cui è più facile prendere peso in eccesso, si svolge meno attività fisica. Tutte queste situazioni, in presenza di fattori di rischio preesistenti (familiarità, diabete gestazionale pregresso, aborti precedenti), possono condurre ad un’insorgenza della patologia diabetica”.

 

Come prevenirlo?

 

Fondamentale è tenere sotto controllo il peso con una dieta equilibrata, varia e sana, e una regolare attività fisica. L’obesità, infatti, aumenta la resistenza all’azione insulinica, stimola la produzione di ormoni dal tessuto adiposo e di sostanze ad attività infiammatoria, tutti fattori che conducono anche all’aumento dei valori della glicemia. L’associazione di sovrappeso, con l’aumento dei trigliceridi, una pressione arteriosa più elevata (condizione conosciuta come “Sindrome Metabolica”), rappresenta un fattore di rischio per il diabete e per le malattie cardiovascolari.

 

Uno studio finlandese e uno americano, hanno dimostrato che una riduzione del peso di circa il 7% ottenuta grazie a modificazioni dello stile di vita è stata in grado di ridurre del 58% il rischio di contrarre il diabete in persone predisposte alla patologia.

 

“Oggi, con l’adeguata terapia insulinica, i bambini e i ragazzi affetti da diabete di tipo 1 hanno un’alimentazione identica a quella dei loro coetanei, comprensiva anche di zuccheri e dolci – prosegue il prof. Comaschi –. Diverso è l’approccio nel diabete di tipo 2, situazione che richiede un controllo costante della glicemia. In quest’ottica la dieta mediterranea si è dimostrata la più indicata: povera di zuccheri raffinati, contiene carboidrati complessi a lento assorbimento intestinale, molte fibre vegetali scarsamente solubili, modiche quantità di grassi, prevalentemente di origine vegetale, con scarsissime componenti di grassi polinsaturi. Tutti questi fattori consentono di mantenere più bassa la glicemia, ma anche il colesterolo, i trigliceridi e di ridurre nettamente lo “stress ossidativo” che è il processo che danneggia le nostre arterie ed in ultima analisi provoca l’invecchiamento”.

 

 

“Quasi tutti i piatti tipici delle nostre tradizioni regionali, ed in particolare quelli cosiddetti “poveri”, riconoscono ingredienti utili – spiega il prof. Comaschi –. Dal purè di fave con la cicoria della Puglia alla pasta con la mollica e noci della Basilicata, alle torte di verdure liguri, alle farinate di ceci, alla fregola sarda, al couscous siciliano di pesce, per concludere con le mille ricette di merluzzo essiccato o di acciughe e sarde. Mangiare così, oltre che un piacere, è un’assicurazione sulla vita. Attenzione, infine, all’associazione dei nutrienti: un panino di 100gr imbottito con 50gr di prosciutto cotto eleva la glicemia molto di più dello stesso panino consumato con 50gr di fagioli borlotti o cannellini. Un panino, o un biscotto, o una pizza, preparata con lievito madre e non con il comune lievito di birra ha un potere iperglicemizzante decisamente minore”.

 

La scelta dei cibi giusti, preparati nel modo più appropriato e consumati con moderazione, va accompagnata a un’attività fisica adeguata all’età e alle proprie capacità, costante nel tempo e non inferiore al corrispettivo di circa 8000 - 10000 passi al giorno.

 

 

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