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I robot ci ruberanno lavoro o faranno nascere nuove opportunità?

I robot ci porteranno via il lavoro?

Nell’ultimo decennio, vuoi anche per una crisi economica mondiale senza precedenti, questa domanda è tornata sempre più alla ribalta creando preoccupazione e dibattiti infiniti.

 

Una domanda spontanea se si osserva la nuova economia fatta di algoritmi, automazione spinta e robot sempre più intelligenti e ‘umani’.

Di fronte a questa fotografia i fantasmi di milioni di persone prendono i nomi di precarietà, disoccupazione o bassi salari.

I robot e il lavoro. In Italia un rischio del 15%

Dall’analisi del OCDE sui 36 Paesi più ricchi al mondo  i posti messi a rischio nel nostro Paese a causa dell’automazione si attesterebbero su una percentuale intorno al 15%.

Questo in un ranking mondiale che vede, al primo posto, la Cecoslovacchia con una percentuale di quasi il 34% e all’ultimo posto la già automatizzata Norvegia con un rischio basso a meno del 6%. Così pure Svezia e Finlandia.

 

Alla base di questa preoccupazione vi è la velocità con cui la società si sta trasformando.

Nel passato i tempi di passaggio da un’economia rurale ad una industriale erano progressivi ed aprivano spazi di impiego.

 

Oggi la trasformazione ha una velocità esponenziale, con una sola certezza : gli impieghi manuali diminuiscono e le nuove occupazioni ancora non sono né certe né in aumento.

Qualcuno pensa persino che le economie mondiali stiano per essere colpite da un vero e proprio tsunami.

Alcuni esempi su tutti possono dare l’idea dell’impatto disastroso sui posti di lavoro. A Shanghai l’anno scorso è stata inaugurata una piattaforma elettronica in grado di portare avanti ogni giorno 200000 ordini grazie a soli 4 impiegati. E Amazon negli Stati Uniti ha aperto diversi magazzini addirittura senza lavoratori. Per non parlare di molti alberghi di nuova generazione che impiegano un paio di collaboratori e decine di macchine per distribuire il ghiaccio, le brioches e il caffè. Entri fai il ceck in in con un  impiegato che ti ritrovi al bar alla sera, lo stesso impiegato lo ritrovi alla mattina alla colazione e probabilmente pure al ceck out.

I robot e il lavoro. Tsunami o nuove opportunità?

Certo è che in questa fase di transizione si perderanno lavori senza riuscire magari ad occupare i nuovi che cresceranno.

Infatti molti analisti, favorevoli all’automazione più spinta, prevedono che nel 2022 verranno creati ben 133 milioni di nuovi posti di lavoro a fronte di una perdita di 75 milioni. Quindi da questa ‘campana’ la robotizzazione spinta non dovrebbe produrre scenari apocalittici.

Saranno ricercati analisti di dati, direttori generali di operazioni complesse ed esperti di intelligenza artificiale. Dovrebbero ridursi fortemente i posti di segretaria, di contabile, di amministrativo, di tutte quelle occupazioni di routine e senza valore aggiunto.

 

Sul tavolo degli imputati in quasi tutti i Paesi l’educazione scolastica che fatica a capire le esigenze future delle imprese. Sono tante le matricole in scienze sociali e comunicazione mentre mancano giovani che si preparino in informatica, tecnologia, ingegneria.

Da più parti le imprese abbisognano di giovani che abbiano una rapida capacità di apprendimento e di adattamento ai nuovi modelli produttivi.

Nelle nuove piattaforme di lavoro digitale perdono sempre più valore gli orari di lavoro, il posto di lavoro mentre aumentano le forme di impiego non convenzionale come il telelavoro.

In una società liquida come l’attuale ci troviamo di fronte a lavoratori che dirigono imprese superautomatizzate e lavoratori che sono diventati tassisti e lavorano quotidianamente per Uber.

Tutti lavoratori che diventano imprenditori di se stessi, a partita Iva e con una protezione sociale molto bassa.La maggior parte delle nuove imprese preferisce non assumere direttamente.

Tutto questo porta come risultato ad una parcellizzazione delle categorie e dei lavoratori che non riescono a fare massa critica e nemmeno essere rappresentati da  un sindacato forte e compatto.

E a questo punto sorge abbastanza naturale chiedere un nuovo tipo di contratto sociale che permetta di godere dei vantaggi di questa nuova rivoluzione e garantisca la minimizzazione dei rischi.

Un mondo che non sarà più fatto da una società di destra e una di sinistra, ma sarà invece rappresentato da una società aperta o chiusa.

 

Riusciremo a credere e a sostenere la rivoluzione dei robots o la ostacoleremo, per quello che possiamo?

Questa è una delle grandi sfide delle nuove generazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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    robotlavoroautomatizzazione


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