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Il brand M5S sembra non tirare più. Tre mostri possono mangiarsi i grillini

Tav, autonomie regionali e legittima difesa, tre spade di Damocle su Di Maio
E’ solo una semplice opinione ma pare essere un’opinione suffragata da molte altre e soprattutto da un motivo di marketing che poco ha che vedere con la politica e cioè che il brand del M5S pare non ‘tirare più’.
Sembra che l’appeal che portava con sé il brand pentastellato, ai tempi di Grillo arricchito da molti aspetti attrattivi come la freschezza, la novità, la voglia di cambiamento, il desiderio di buttare a mare il passato, abbia terminato la sua carica energetica positiva.
Il percorso fatto anche da altri partiti o movimenti, vere e proprie meteore, è stato abbastanza similare: dall’opposizione,cavalcando la protesta, si ottengono molti voti e consensi poi, quando ci si trova a gestire il comando, è molto più facile sbattere e perdersi.
La fine del brand M5S? Tre ostacoli davanti
E molto ci sarebbe da dire sul modus operandi grillino di gestire la politica. Ma qui non si tratta di valutare se i giovani capeggiati da Luigi di Maio lo stanno facendo bene oppure no. In fondo tanti in precedenza, sulla carta molto più esperti, non hanno lasciato meravigliose tracce indelebili, anzi.
Qui si tratta di capire se è veritiera la sensazione che, al momento, la ‘marca ‘pentastellata sembra essere passata di moda.
Forse è troppo presto per dirlo e magari i giovani sulla piattaforma Rousseau saranno in grado di rilanciarsi e regalare nuovi sogni e promesse alla gente in vista delle europee, ma non ci vorrà molto per capire se ci saranno riusciti o meno.
La fine del brand M5S? Non è più di moda?
La realtà di oggi vede invece cali di consenso nelle elezioni regionali e soprattutto tre mostri pronti a ‘papparsi’ il leader grillino e il movimento in un colpo solo e di conseguenza pure il Governo.
I tre mostri hanno nomi semplici ma un passato complicato. Il primo è la TAV, la super strada per Lione e i commerci europei verso il nord Europa. Troppe battaglie, troppi pareri discordanti ma qui nessuno più tra Salvini e Di Maio può’ tirarsi indietro o mediare come la politica sa fare. O si fa o non si fa e i bandi a breve devono partire.
Il secondo è la richiesta di autonomia regionale per Regioni chiave come Veneto e Lombardia. Non parliamo di Basilicata, con tutto il rispetto, o Molise. Discutiamo di Regioni le cui economie da sole ‘tirano la baracca’ di tutto il Paese. Troppo grande il rischio di lasciare parte di soldi veri a loro, altro che reddito di cittadinanza.
Ed anche qui, soprattutto Matteo Salvini, non può’ tirarsi indietro perché l’autonomia, più o meno autonoma, sta nel DNA della Lega dai tempi di Bossi.
Il terzo e ultimo è la legittima difesa, un diritto sacrosanto sentito soprattutto dai ceti produttivi del norditalia. Una battaglia di equità e giustizia che, anche in questo caso, non può’ rimanere appesa ai tentennamenti di chi vorrebbe porgere l’altra guancia, soprattutto se l’altra guancia è di qualcun altro.
Ecco perché, pur non avendo la sfera di cristallo, il futuro del pentastellati, e quindi del Governo, non sembra essere così roseo, da qui a maggio.
Vero ? Sbagliato?
I due leader, e il Governo Conte lo scopriranno solo vivendo da qui alle elezioni europee, ma forse anche prima.