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L’ occasione persa da Di Maio nell’autorizzazione a procedere contro Salvini

Cosa unisce la richiesta di impeachment a Trump, portato avanti dai Democratici e confermato dalla Camera, e la dichiarazione di Luigi Di Maio per l’ok all’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini nella vicenda della nave Gregoretti?

 

Pur nella consapevolezza di pesi e ruoli differenti fra il tycoon americano e il capo della Lega sostanzialmente tre punti:

 

Il primo riguarda le accuse penali.

 

In entrambi i casi le stesse sembrano essere abbastanza complesse da valutare nei fatti, ma abbastanza semplici per quanto riguarda le ‘attitudini politiche’ delle richieste di messa sotto accusa.

I Dem americani da due anni stanno braccando il Presidente incuranti del fatto che molto Paese gli riconosce leadership e risultati.

Per i fatti di casa nostra invece la Magistratura, se ci sarà il via libera delle autorizzazioni a procedere, farà il suo lavoro.

Sembra, per molti, però difficile credere che un Ministro dell’Interno possa essersi preso la responsabilità di fare di testa sua senza un accordo di massima all’interno del Governo che rappresenta.

Trump e Salvini vittime vincenti degli avversari politici

E perché all’epoca il Governo di Giuseppe Conte non sconfessò il presunto autore di tale misfatto?

E come mai già con il nuovo Governo giallorosso un barcone è rimasto al largo per giorni prima delle elezioni in Umbria? Misteri, incoerenze e differenti valutazioni non mancano.

 

Se per il caso della nave Di Ciotti, fotocopia del caso Gregoretti, il Governo di allora rigettò a maggioranza un’analoga autorizzazione a procedere, non si capisce perché non dovrebbe fare altrettanto in questo caso.

In verità lo si capisce bene guardandolo da un punto di vista politico.

 

Le motivazioni del leader grillino, annunciate a 'Porta a Porta' per votare a ‘favore del processo a Salvini’ sono sembrate essere non così convincenti. 

 

Come non sorprendersi della incoerenza della decisione rispetto a quella presa nel caso precedente. Pare soprattutto una sorta di ‘vendetta politica’ contro il leader (da sondaggi) del primo partito italiano.

Trump e Salvini vittime vincenti degli avversari politici

E soprattutto sembra proprio una maniera per cercare di allontanare politicamente la persona che, più di ogni altro, potrebbe alle prossime elezioni fare il pieno di voti.

 

Il secondo riguarda l’effetto boomerang , certo in entrambi i casi.

 

Sicuramente le due vicende penalizzeranno i politici o i partiti, che in qualche modo, li hanno sostenuti.

Dem americani e pentastellati italiani, a detta di molti opinionisti e non solo, subiranno forti e negativi contraccolpi in termini di voti da queste decisioni.

 

Il terzo riguarda unicamente Di Maio che, secondo molti osservatori, avrebbe perso un’occasione di risalire nei sondaggi (che lo penalizzano) se solo avesse avuto il coraggio di dimostrare coerenza affrontando sul campo politico Matteo Salvini.

Una simile decisione di stop alla richiesta a procedere gli avrebbe regalato la patente di politico coerente e soprattutto gli avrebbe dato ossigeno in termini di consenso.

Peccato.

Le ‘vendette’ o quello che sembrano essere, volontarie o meno, non piacciono all’opinione pubblica nella vita e ancor meno nella politica.

 

In ogni caso ciò che è fatto è fatto.

Vedremo a gennaio cosa deciderà la Commissione delle autorizzazioni. Da calendario il voto sarebbe in agenda per il 20 gennaio. Una decisione a favore del processo a Salvini potrebbe essere un regalo al Centrodestra nelle elezioni in Emilia Romagna. Risultato che potrebbe decidere pure le sorti del Governo in carica.

 

Queste però sono solo previsioni o fantachiacchiere.

 

La realtà è che a gennaio il Senato americano, in mano ai repubblicani, rigetterà la richiesta e il Presidente potrà mediaticamente farsi forte per essere stato vittima di un attacco ‘costruito ad arte contro di lui.

E potrebbe nuovamente essere rieletto in un’America divisa.

 

Per Salvini potrebbe succedere un qualcosa di molto analogo.

 

Il giudizio lo darà il popolo ( quando potrà).

Un popolo che spesso sa riconoscere la differenza fra un capo e un leader.

 

Il primo è uno che, in una squadra, decide. Viene seguito sempre e in qualunque impresa.

Il secondo non sempre decide, spesso decidono, per lui, altri.

Un capo lo puoi anche cambiare e non seguire più, soprattutto quando ti delude.

Un leader non lo cambi.

 

 

 

 

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