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Roma, 6 nov. (Labitalia) - "All'odierno tavolo tecnico su pensioni e aspettativa di vita manca un posto: quello del medico, che è in grado di collegare la durata della vita alle condizioni sanitarie dei territori e che conosce lo stato della sanità nelle Regioni dove la speranza di vita è al di sotto della media nazionale". A dirlo Guido Quici, presidente di Cimo-Cida, il sindacato dei medici, commentando la riunione a Palazzo Chigi fra governo e sindacati confederali. "Trovo quantomeno singolare -avverte- che si discuta di speranza di vita e pensioni senza che sia presente un interlocutore ‘tecnico’ che sappia leggere i dati al di là del loro mero significato statistico. A parte il fatto che sarebbe opportuno sentire la nostra voce anche in tema di lavoro usurante e stress lavoro-correlato (mi riferisco allo stress dei medici del pronto soccorso, con turni di notte, diagnosi fatte in codice rosso o giallo), è il concetto stesso di aspettativa di vita che va contestualizzato per avere realmente senso"."Veniamo agli ultimi dati Istat -chiarisce Quici- che determinerebbero l’aumento dell’età pensionabile. I valori massimi di speranza di vita si hanno nel Nord-Est, dove gli uomini possono contare su 81 anni di vita media e le donne su 85,6. Quelli minimi, invece, si ritrovano nel Mezzogiorno con 79,9 anni per gli uomini e 84,3 per le donne". Ancora: "Sono 2,7 gli anni che separano - ricorda - le residenti in Trentino-Alto Adige, le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto, e pari a 2,3 anni, ossia alla differenza che intercorre, come tra le donne, tra la vita media dei residenti in Trentino-Alto Adige (81,2) e i residenti in Campania (78,9). Quindi abbiamo un’Italia spaccata in due: è forse ipotizzabile differenziare l’età pensionabile in base alla Regione in cui si vive?""Ma ancora più surreale -sottolinea- a leggere bene i dati dell’istituto di statistica è applicare le conseguenze della durata della vita ai lavoratori, quando la variazione positiva registrata nel 2016 riguarda chi non lavora più. Ovvero, dice l’Istat, ‘tanto gli uomini quanto le donne, che nel 2016 ottengono circa mezzo anno di vita in più sull’anno precedente in termini di speranza di vita alla nascita, devono tale guadagno soprattutto alla positiva congiuntura della mortalità alle età successive ai 60 anni. Fino all’età di 59 anni il contributo espresso è poco significativo benché positivo"."Se poi leggiamo -prosegue il presidente di Cimo-Cida- il documento integrale dell’Istat, e non il solo comunicato stampa, i primi dati del 2017 attestano un massimo di mortalità nel mese di gennaio con oltre 75 mila decessi (da ricollegare al picco influenzale dell’inverno 2016-2017). Nel complesso, nel periodo gennaio-maggio 2017, si sono avuti 294 mila decessi, contro i 268 mila del 2016 e i 292 mila del 2015. Ad ogni modo, conclude prudentemente l’Istat, 'le informazioni statistiche ad oggi disponibili non consentono ancora di valutare come la mortalità del 2017 risulterà a consuntivo, anche sotto forma di indicatori più specifici e strutturati come, ad esempio, la speranza di vita'"."Se si vuole dare un valore aggiunto a questo tavolo tecnico -avverte Quici- su pensioni e aspettativa di vita, sarebbe il caso di allargarlo a chi ha le competenze necessarie. Dal punto di vista istituzionale, ad esempio, perché non pensare all’Istituto superiore di sanità o all’Agenas?". "Noi come Cimo -aggiunge- offriamo la nostra collaborazione e il nostro contributo ad arricchire il tavolo di consultazione, sia dal punto di vista sanitario, sia dal punto di vista sindacale. Ci sembra una premessa indispensabile per arrivare con idee più chiare, al tavolo politico di lunedì prossimo che dovrebbe prendere decisioni che riguardano la vita di tutti i cittadini italiani".





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