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Roma, 17 giu. (Labitalia) - Tra 2016 e 2017, dopo cinque anni di calo, il contratto di apprendistato torna a essere appetibile, con una crescita degli avviamenti del 30% nel 2016 e del 22,8% nel 2017: l’aumento ha riguardato nel 2016 soprattutto il Mezzogiorno (+59,9%) e in seguito, nel 2017, in particolare le aree del Nord (+24,2%). Non solo. I nuovi apprendisti sono soprattutto giovanissimi: dei 324.902 contratti avviati in Italia nel 2017, infatti, il 60% riguarda la fascia 18-24 anni che registra un aumento del 20,2% rispetto al 2016Emerge dal XVIII Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato, elaborato dall’Inapp per conto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con Inps. Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma da Paola Nicastro, direttore generale Inapp, e dal presidente Inapp, Stefano Sacchi. Dopo 12 anni dal primo contratto di apprendistato è occupato regolarmente il 73,6% degli apprendisti, la maggioranza (oltre 60%) come lavoratore dipendente.Nel 2017 continuano ad aumentare le assunzioni in apprendistato in controtendenza con l’andamento decrescente rilevato tra il 2010 e il 2015 quando le assunzioni sono passate dalle 285.378 unità del 2010 alle 203.570 del 2015, con una riduzione complessiva del 28,7%. L’inversione di tendenza si è verificata nel 2016 con un aumento del 30% (264.647 assunzioni) e si è confermata, seppure attenuata, nel 2017 con un ulteriore 22,8% (324.902 assunzioni).L’andamento crescente, spiega l'Inapp, è legato in parte al miglioramento, seppure modesto, del tasso di occupazione giovanile (15-29 anni) che aumenta dal 28,6% del 2015, al 29,7% del 2016, fino al 30,3% del 2017 (Rilevazione continua Forze Lavoro, periodo 2015-2017). Ma soprattutto va considerata l’influenza che degli interventi normativi, ribadisce l'Inapp, citando le leggi di stabilità 2015 e 2016 che per favorire il lavoro stabile "hanno introdotto un esonero, rispettivamente totale per tre anni e parziale per due anni, dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro"."Se il primo intervento ha reso più conveniente per le imprese assumere con il contratto a tutele crescenti, il secondo ha invece agito in senso contrario, accrescendo il vantaggio competitivo dell’apprendistato. Un vantaggio tra l’altro accentuato dalle ulteriori agevolazioni introdotte dall’incentivo Occupazione Sud (art. 32 del decreto legislativo 150/2015 e decreto direttoriale del Mlps 367/2016)", spiega Inapp. Tra le imprese, i settori che pesano di più sull'occupazione complessiva in apprendistato (numero medio di rapporti di lavoro) sono il commercio (20,8%), le attività manifatturiere (18,2%) e i servizi di alloggio e ristorazione (16,8%), mentre si registra un calo della presenza di apprendisti nelle imprese artigiane, che mostrano una minore crescita occupazionale nel numero medio di rapporti di lavoro in apprendistato (7,6%) rispetto alle aziende di altro tipo (13,7%), pur continuando a rappresentare circa un quarto del totale dell'occupazione in apprendistato."Il Rapporto sull'apprendistato 2017 dell'Inapp, svolto in collaborazione con Inps, mette in luce una rinnovata vitalità dell'apprendistato dopo il crollo dovuto alla crisi economica prima e all'introduzione degli incentivi per il contratto a tempo indeterminato poi. A fronte di segnali positivi, con incrementi marcati per i più giovani e buoni esiti occupazionali, vi sono però le consuete ombre dell'apprendistato in Italia, che continua a trovare il suo appeal essenzialmente nei vantaggi in termini di costo del lavoro". Così Stefano Sacchi, presidente dell’Inapp, commenta i dati del XVIII Rapporto sull'apprendistato presentato oggi a Roma.Per Sacchi, l'apprendistrato è "un contratto che non riesce ad ancorarsi stabilmente come canale di acquisizione di competenze specifiche all'azienda o al settore, orientato alla formazione dei giovani lavoratori, da allevare e fidelizzare in azienda, ma resta soggetto alle periodiche revisioni della disciplina del nostro mercato del lavoro". "Nonostante gli sforzi degli anni passati, molto resta quindi da fare per dotare il nostro Paese di uno strumento fondamentale per fornire le competenze necessarie al nostro sistema produttivo, se vogliamo che la profonda trasformazione tecnologica in atto ci veda protagonisti e non comparse", conclude Sacchi.





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