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Roma, 13 mar. (Labitalia) - L'esclusione di una prestazione lavorativa nel rapporto tra amministratore e società non vuol dire negare del tutto la possibilità di stipulare un contratto tra le parti. Su questo particolare aspetto precisato dalla sentenza S.U. n.1545 del 20 gennaio 2017 della Corte di Cassazione, interviene un approfondimento della Fondazione Studi consulenti del lavoro.La Corte di Cassazione ha ribadito l'impossibilità per chi svolge l'attività di amministratore di stipulare un contratto di collaborazione con la società, in quanto "l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 cpc”."Si è pertanto adombrata -si legge nell'approfondimento della Fondazione Studi- la conseguenza dell’impossibilità per l’amministratore di intrattenere un rapporto di natura lavorativa con la società. In realtà così non è, ed è proprio la Cassazione a chiarirlo inequivocabilmente con la sentenza, dedicando un apposito capitolo della medesima alla opportuna precisazione"."Escludere la configurabilità di una prestazione ai sensi dell’art. 409 n. 3 cpc (oppure autonoma o subordinata) nel rapporto amministratore-società, riconosciuta invece dal precedente delle S.U. n. 10680/94, non vuol dire negare tout court la possibilità di stipulare un contratto del genere tra le stesse parti", spiegano gli esperti della Fondazione Studi consulenti del lavoro."La sentenza in esame, infatti, stabilisce che 'non è escluso, però, che s’instauri, tra la società e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce, un autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma, secondo l’accertamento esclusivo del giudice del merito, le caratteristiche di un rapporto subordinato, parasubordinato o d’opera'", si legge ancora nell'approfondimento. "Pertanto, la Corte nel richiamare la propria giurisprudenza con la sentenza n. 1545/17, pur affermando con decisione la teoria della immedesimazione organica e della specialità della natura del rapporto societario dell’amministratore in virtù della sua funzione, ribadisce la compatibilità di un suo diverso ruolo all’interno della stessa compagine societaria, regolato dal diritto del lavoro, purché effettivamente sussistente ed oggettivamente operante in concreto", conclude la Fondazione Studi.





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