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Roma, 13 lug. (Labitalia) - I vincoli burocratici posti sul sistema dei fondi interprofessionali stanno bloccando la formazione dei lavoratori nelle imprese italiane. E' l'allarme lanciato oggi da Fondimpresa al governo, alla presenza delle parti sociali, durante il convegno 'La formazione continua?'. Forte di 11 anni di buone pratiche e crescenti adesioni, il Fondo per la formazione continua di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil chiede regole certe e uguali per tutti i Fondi interprofessionali, razionalizzazione del sistema, valorizzazione delle esperienze di efficacia e trasparenza. Solo così imprese e lavoratori potranno disporre di un sistema formativo in grado di costruire competitività e occupabilità.E’ tempo, insomma, di intervenire sulla contraddittoria situazione dei Fondi, soprattutto se la prospettiva, come proposto dal consigliere economico alla presidenza del Consiglio, Marco Leonardi, è "di estenderne il ruolo alle politiche attive del lavoro: un compito che si somma alla necessità di formazione per i giovani in ingresso, smussando il mismatch tra domanda e offerta di competenze, di aggiornare i lavoratori maturi e di prepararsi per Industry 4.0". In questo quadro, dice, "i fondi sono altamente responsabilizzati, in quanto unica fonte di finanziamento della formazione, ma sono pesantemente ostacolati". "L’elenco delle criticità - avverte - è lungo: l’equiparazione a organismi di diritto pubblico, la complessità e rigidità dello sportello per gli aiuti di Stato, il prelievo forzoso di 120 milioni l’anno dalle risorse per la formazione, la concorrenza sleale di fondi che aggirano gli accordi tra rappresentanze aziendali e sindacali nel territorio, previsti dalla legge ed elemento fondante di ogni piano formativo".Nonostante tutto ciò, il più importante dei fondi interprofessionali (da solo raccoglie tanti lavoratori quanto tutti gli altri fondi messi insieme) può vantare risultati da record, come ricorda il presidente Fondimpresa, Bruno Scuotto: "2,73 miliardi di finanziamenti assegnati in 11 anni, di cui quasi 1,2 per competitività e innovazione. 2,7 milioni di lavoratori formati. 119mila piani finanziati. Oltre 160 milioni per riqualificazione di lavoratori in cig e mobilità. Una nuova iniziativa, nel 2016, per la formazione di neoassunti e disoccupati da assumere ha dovuto essere recentemente rifinanziata. E l’avviso 2016 sulla competitività ha stanziato inizialmente 72 milioni ed è arrivato ad assegnarne 154"."Non possiamo che accogliere con entusiasmo questa ipotesi, ma bisogna fare i conti con la realtà", continua Scuotto, richiamando le rilevazioni del XVII Rapporto Isfol secondo le quali "lo 0,30% per la formazione si riduce, di fatto, allo 0,19%". "I Fondi non possono farsi carico di una formazione a 360 gradi, dal punto di vista economico. Le risorse, già insufficienti per l’elevato fabbisogno, sono state progressivamente erose. Occorre quindi trovare forme complementari di intervento e ambiti contigui di responsabilità", rimarca.Ma il punto più critico riguarda la regolamentazione dei Fondi. “E’ tempo -sottolinea- di razionalizzare intelligentemente il sistema e di premiare i Fondi che si sono sempre comportati con correttezza e trasparenza”. Per il vicepresidente Paolo Carcassi, "è indispensabile, invece di proseguire con un sistema regolamentare pedante e dettagliato all’eccesso, fissare in tempi rapidi punti di riferimento che valorizzino la autonomia e la responsabilità dei fondi, con una vigilanza incentrata sulla coerenza dei comportamenti rispetto alle finalità, ai principi di trasparenza e alla destinazione di quote delle risorse prefissate e in tempi certi al finanziamento della formazione”.Fondimpresa pertanto, continua il vicepresidente, "chiede che vengano eliminati gli elementi di burocratizzazione e di confusione, nonché le pratiche che falsano la concorrenzialità dei Fondi, sviando l’utilizzo delle risorse dalla funzione primaria di aumentare la qualificazione dei lavoratori e la produttività delle aziende". "Questo -chiarisce Carcassi- costituisce il presupposto fondamentale per la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema dei Fondi e, quindi, della formazione. Una politica delle risorse che si limiti a spalmare quanto già oggi è insufficiente su una gamma più ampia di attività non farebbe che peggiorare la situazione e non consentirebbe di svolgere adeguatamente nuove importanti funzioni nell’ambito delle politiche attive del lavoro”.





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