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Roma, 31 lug. (Labitalia) - Considerare illegittimi i software che consentono il monitoraggio dell’attività telefonica e della produttività di ciascun operatore di call center è una forzatura che potrebbe portare alla a una paralisi, o quasi, dell’attività del settore. E' quanto sostengono gli avvocati Alessandro De Palma e Cesare De Falco dello studio Orsingher Ortu - avvocati associati. Secondo i due giuslavoristi, infatti, "con la circolare n. 4 del 26 luglio scorso, l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) si è pronunciato sul tema dell’installazione e utilizzazione di strumenti di supporto all’attività operativa dei call center, alla luce della disciplina dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori come modificato dal Jobs Act". "Partendo -spiegano i due studiosi- da una (opinabile) distinzione fra sistemi di gestione integrati e multicanale (cosiddetto 'Crm - Customer Relationship Management', che consentono di associare in tempo reale il cliente ai dati relativi al medesimo) e ulteriori software che consentono, invece, il monitoraggio dell’attività telefonica e della produttività di ciascun operatore di call center, l'Inl ha 'salvato' i primi e 'bocciato' i secondi, rei di non essere 'indispensabili' in ottica produttiva-aziendale. Non solo. A dire dell'Inl, tali sistemi, che non possono essere considerati quali 'strumenti di lavoro' nell'accezione del nuovo art. 4, non sarebbero nemmeno meritevoli di passare al vaglio di un provvedimento autorizzativo da parte dell’Ispettorato del lavoro. In altre parole -sottolineano i due studiosi- sono da considerarsi illegittimi". "Ci pare, in tutta franchezza, una interpretazione quantomeno forzata che, se portata alle sue estreme conseguenze, potrebbe condurre -spiegano De Palma e De Falco- a una paralisi, o quasi, dell’attività dei call center. I software in questione, infatti, non servono unicamente ad associare i clienti alle anagrafiche, ma servono anche (necessariamente) a verificare la disponibilità degli operatori, al fine dell’efficace smistamento delle chiamate tra gli stessi". "Ma non solo: anche i tempi medi di lavorazione delle chiamate sono ovviamente utili -continuano i due giuslavoristi- ai fini della misurazione della qualità di gestione del cliente e, in ultima analisi, per la misurazione del grado di soddisfazione della clientela". In conclusione, per De Palma e De Falco, "privare i call center di tali strumenti, non solo pare contraddittorio rispetto al vento riformatore del Jobs Act ma, alla lunga, non pare andare incontro nemmeno agli interessi degli stessi lavoratori. Sono proprio loro, infatti, i primi che si troverebbero a subire le conseguenze di operatori che dovessero optare per chiudere la saracinesca nel nostro Bel Paese".





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