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Roma, 14 lug. (Labitalia) - Sono sempre di più gli italiani a essere insoddisfatti del proprio lavoro. Ma quali sono i motivi di tale demotivazione? Al primo posto lo stipendio inadeguato (56%), seguito da orari poco flessibili (48%) e incertezza contrattuale (41%), senza dimenticare l’assenza di benefit e incentivi (37%). Ben 7 italiani su 10 (68%) quindi si lamentano delle proprie condizioni lavorative e dell’ambiente nel quale devono trascorrere la maggior parte delle loro giornate. Tra i più insoddisfatti ci sono donne tra 31 e 50 anni (79%), principalmente impiegati (75%) e operai (73%) del Sud (78%).E' quanto emerge da uno studio promosso da Espresso Communication per Sodexo, azienda leader nei servizi per la qualità della vita e benefit aziendali, in occasione del lancio del nuovo e-book gratuito rivolto alle pmi 'Qualità della vita in azienda, motivazione e welfare'. L’indagine è stata svolta su circa 1200 persone tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community, con il coinvolgimento di un panel di 10 docenti universitari, per indagare il grado di soddisfazione dei lavoratori italiani relativamente al proprio lavoro. Tra le principali cause di insoddisfazione al lavoro? Bassa retribuzione (56%), rigidità degli orari (48%) e ambiente di lavoro poco salutare (45%) sono sul podio, seguite da instabilità contrattuale (41%), assenza di benefit (37%) e scarse opportunità di carriera (36%), problemi relazionali con colleghi e superiori (30%), mancanza di riconoscimenti e promozioni (28%), scarsa identificazione nel sistema organizzativo (24%), automatizzazione e standardizzazione del mondo del lavoro che diventa meno appagante (23%)."La motivazione dei dipendenti -spiega Sergio Satriano, managing director di Sodexo Benefits&Rewards Services- ha un grande impatto sulle performance aziendale La qualità della vita dipende sia da fattori materiali che rispondono alle esigenze fisiologiche, sia da fattori immateriali della sfera psicologica, legati a relazioni, autorealizzazione e benessere interiore". "Quindi -chiarisce- un piano di welfare porta vantaggi sia ai collaboratori, che avranno percezioni positive verso il lavoro e maggiore motivazione a perseguire gli obiettivi aziendali, sia all’organizzazione: infatti grazie alla legge di Bilancio 2017, le imprese, in particolare nel settore privato, possono disporre di diversi premi di produttività e maggiori vantaggio fiscali. I datori di lavoro possono trarre ispirazione dalle soluzioni studiate da Sodexo, modulabili e integrabili nel tempo e adatte a ogni realtà lavorativa, supportando le aziende nei processi di educazione del mercato e di implementazione dei piani di welfare”.Alla base c’è la definizione di un approccio nuovo nel rapporto con i propri collaboratori che, come raccontato nell’e-book di Sodexo, è un concetto fortemente legato a quello più ampio di sostenibilità d’impresa, definito da Thomas N. Gladwin, docente di Sostenibilità d’Impresa presso la University of Michigan, come “quel processo che permette all’impresa di raggiungere uno sviluppo sociale fondato su inclusione, connessione, equità, prudenza e sicurezza, favorendo contestualmente il perseguimento degli obiettivi di profitto". Quindi, secondo gli esperti, risulta evidente che la rivoluzione sostenibile è la scelta più razionale che imprenditori e manager dovrebbero adottare per perseguire con efficacia gli obiettivi di business, promuovendo un ambiente aziendale sano con un alto grado di qualità di vita dei lavoratori. Una linea condivisa anche dal mondo accademico. “Il concetto di sostenibilità aziendale dovrebbe essere tra le principali priorità delle imprese -afferma Lidia Greco, docente di Sociologia Economica e del Lavoro presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro- pur ricercando il profitto, che è la loro ragione d'essere, le imprese devono essere impegnate verso i loro dipendenti, la comunità e l'ambiente in cui agiscono, in quanto determinanti per fattori quali performance, ricerca e innovazione, accettazione sociale e condivisione di problemi". Quindi, spiega, "le aziende devono da un lato essere attente a tecnologie e qualità del lavoro, contenuti, inclinazioni e apprendimento dei lavoratori, dall’altro lato definire un welfare aziendale, ovvero sistemi di benefit, condizioni e misure di conciliazione che aiutino i lavoratori a migliorare le loro prestazioni"”.Fondamentale risulta dunque conoscere anche il punti di vista dei lavoratori. Ma cosa chiedono concretamente gli italiani al proprio boss? Mentre le donne domandano orari più flessibili o la possibilità di rimodulare il proprio contratto a part time (63%) e un maggiore equilibrio tra vita privata e lavorativa tramite la richiesta di agevolazioni per servizi di asilo nido, baby sitting, concierge per le faccende burocratiche (62%), gli uomini sono contenti di ricevere buoni pasto per un servizio di mensa attento alla salute alimentare (60%) e un rimborso per il trasporto nel tragitto casa-lavoro (59%)."Anni di ricerche hanno dimostrato un forte legame tra soddisfazione dei lavoratori e successo economico dell’azienda", conferma Andrew Chamberlain, celebre economista e fondatore di Glassdoor, sito web che ha stilato una classifica, riproposta dal Telegraph, sui posti di lavoro più apprezzati. Tornando all’Italia e al tessuto imprenditoriale di casa nostra, nell’ e-book di Sodexo sono riportati alcuni casi aziendali concreti e confermano studi e trend internazionali che hanno evidenziato che il denaro ha un ruolo marginale rispetto agli stimoli al rendimento quali flexible benefit e programmi di Welfare aziendali. Ad esempio, il 78% degli imprenditori che hanno attivato almeno una misura concreta a favore della qualità della vita dei collaboratori ha riscontrato un miglioramento generale dell’atmosfera sul luogo di lavoro, il 69% un aumento della produttività e il 66% un miglioramento della reputazione dell’azienda.Ma qual è l’identikit del lavoratore insoddisfatto? Il 72% delle donne e il 64% degli uomini ha dichiarato di essere demotivato e insoddisfatto del proprio lavoro. Tra di loro la maggior parte ha un titolo di studio medio-alto (71%) e un’età compresa tra i 31 e i 50 anni (79%), mentre la percentuale scende al 65% tra i 18 e i 30 anni e al 59% tra gli over 50. Se la percentuale tocca livelli alti tra impiegati (75%) e operai (73%), il tasso di manager (38%) e dirigenti (32%) infelici è inferiore. Infine i dipendenti più disillusi provengono principalmente dal Mezzogiorno (78%), dal Centro (70%) e dal Nord (55%).





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